Le motivazioni della sentenza di appello per i diritti Mediaset che ha condannato Berlusconi a quattro anni di reclusione e a cinque di interdizione dai pubblici uffici spiegano che il controllo della società è sempre stato nelle mani del “mero” proprietario che “ha gestito anche da presidente del consiglio la questione strategica dei diritti televisivi”.
Dunque il nocciolo del conflitto di interessi più macroscopico e scandaloso dell’occidente è stato accertato da un giudice di secondo grado e non può più essere occultato dalla foglia di fico delle delle interpretazioni definite non senza ipocrisia “formalistiche” che hanno consentito negli ultimi vent’anni che il “mero” proprietario, eletto per sei volte in parlamento, diventasse per quattro volte presidente del consiglio.
Con il deposito delle motivazioni della sentenza d’appello sui diritti televisivi dove si spiega come la frode fiscale continuativa ed impressionante facesse capo direttamente al proprietario, diventa ancora più insostenibile e indecoroso per la giunta delle elezioni e delle immunità al Senato che ha rinviato ancora una volta l’elezione del presidente e dove ci sarebbero i numeri per l’ineleggibilità, sostenere che l’ineleggibile non è Berlusconi ma il gestore Confalonieri.
Ma dato che la confusione e l’accostamento strumentale di cose totalmente diverse e non omologabili è il pane quotidiano del cosiddetto dibattito politico-parlamentare, l’ineleggibilità di Berlusconi prevista con una legge, mai abrogata del 1957, in questi giorni è stata costantemente messa in relazione con la “riforma” dei partiti targata Zanda-Finocchiaro che, guarda caso, impedisce ai movimenti di partecipare alla competizione elettorale.
Che senso ha accostare due questioni non omologabili sotto nessun profilo?
Il senso ovviamente l’ha subito colto Berlusconi che dopo l’assist di Renzi ha potuto gridare con più forza che il Pd in un colpo solo vuole mettere fuori gioco lui e Grillo senza confrontarsi e contarsi di fronte agli elettori.
Poco importa che nel suo caso si tratti di rispettare una legge dello stato reiteratamente aggirata, mentre nel secondo di un escamotage ad hoc contro il M5S spacciato come adeguamento last minute alla previsione dell’art.49 della Costituzione.
Il continuo rinvio della votazione del presidente della giunta per l’elezioni che ha il potere di mettere all’ordine del giorno l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi è la conferma dell’impotenza, dell’inaffidabilità e dell’allineamento del Pd al Pdl, oltre che dell’arbitrio e dell’opportunismo dei criteri che di volta in volta, a seconda delle convenienze, si adottano per l’attribuzione delle presidenze.
E le dichiarazioni di apprezzamento di diversi componenti Pd per un presidente espressione della Lega, che pure si è astenuta e non è perciò all’opposizione, pur di affossare un presidente del M5S o di Sel suonano di un’ipocrisia e di un opportunismo offensivo per l’intelligenza degli elettori.
Solo Felice Casson ha detto senza ambiguità che la legge 361 del ’57 per la quale o Berlusconi vende le Tv o non può essere eletto “è chiarissima mentre i precedenti non contano” e che la presidenza non può andare al leghista Volpi.
Il Pd è spaccato a metà, ma le prese di posizione a favore dell’eleggibiltà, perché “così è sempre stato” sono trasversali alle correnti e soprattutto sono molto caldeggiate anche a “sinistra”. C’è Matteo Orfini, il giovane turco già dalemiano ma ispirato anche dal carisma del Renzi-Fonzie e presente alla manifestazione della Fiom, che non vede perché cambiare proprio adesso dopo questi felici vent’anni di ostentato mega-conflitto di interessi in cui non si sono trovati niente male. E pure Stefano Fassina altro giovane turco socialdemocratico vuole mantenere il comportamento che il Pd ha tenuto da sempre perché “il Pd non vuole eliminare nessuno”.
Ma la voce più “autorevole è quella del saggio Violante come da investitura quirinalizia: “Per tre o quattro volte il centrosinistra ha votato in un certo modo. Se non ci sono fatti nuovi non vedo perché dovremmo cambiare questa scelta”. Chissà se “fatti nuovi”, nella visione per noi inarrivabile di un saggio, possono considerarsi le motivazioni di una condanna in secondo grado che azzera la bufala del “mero proprietario” ed in subordine l’appello sottoscritto da 250mila cittadini per l’ineleggibiltà di Berlusconi.