L'indice Nikkei, noto in passato per la sua quasi noiosa prevedibilità, continua a "dare i numeri" con continui saliscendi. Non è un segnale rassicurante per i mercati né per l'Abenomics, cioè le politiche economiche del primo ministro Abe
Altro che montagne russe. D’ora in poi si potrà dire anche “montagne giapponesi”. Dopo il crollo di ieri l’indice Nikkei – noto in passato per la sua quasi noiosa prevedibilità – ha dato letteralmente i numeri, lasciando gli operatori, non solo locali, col fiato sospeso per quello che potrebbe accadere lunedì, alla riapertura.
Dopo aver aperto in netta ripresa rispetto a ieri – come c’era da aspettarsi vista la fuga dei piccoli risparmiatori – e dopo aver segnato a mezza giornata addirittura un +3%, l’indice si è via via avvitato in un saliscendi mozzafiato che ha segnato, prima di chiudere in lieve attivo (+0,89%) un excursus di oltre mille punti. Esattamente come ieri. Non è certo un segnale rassicurante per i mercati e per l’Abenomics, che evidentemente oltre alle perplessità (e gli scongiuri) degli europei suscita non pochi dubbi anche in patria. “Siamo al primo, importante check point – ha commentato il premio Nobel per l’Economia Paul Krugman, uno dei più convinti sostenitori dell’Abenomics – nei prossimi giorni vedremo se la Banca centrale del Giappone ha il coraggio e la forza di tenere la barra dritta o se, come è spesso successo in passato, finirà per rientrare nei ranghi”. Uno dei rischi maggiori dell’Abenomics e dell’espansione monetaria, spiegano gli esperti, è che la cosiddetta “ripresa” sia per ora limitata ai mercati finanziari, con poco o nullo impatto nell’economia reale, e che le nuove risorse, anziché intervenire sul mercato domestico finanziando le imprese, finiscano all’estero, in cerca di maggiori e immediati profitti.