Quasi ogni settimana qualcuno mi chiede di non pubblicare più l’estratto da proporre in questo blog perché, nel frattempo, ha trovato un editore (piccolo, ma serio). Stavolta è stato Lucio Angelini (scrittore per ragazzi, blogger, traduttore) a scrivermi. Il suo libro “Il gondoliere cinese” verrà pubblicato da Supernova. E Buona lettura. (reb)
Bande d’u Dio – Generazione combustibile (?)
di Mario Marengo
Capitolo I
“Siamo qui a parlare per non dirci niente
Uno che racconta mentre l’altro non lo sente
Ridiamo un po’ per mascherare
Ciò che non è ma può sembrare
Generazione combustibile
La situazione è insostenibile
Qui si vive per metà
Mai nessuno riuscirà
A spostarsi un po’ più in là”
(Enrico Ruggeri: Generazione combustibile, 1983)
“Et voilà! Taglio finito! Stasera mussa*!”
“Caro Franco – disse Barnaba – bastasse farsi tagliare i capelli da te per prendere un po’ di mussa, ci verrei tutti i giorni! Non è mica poi così facile… Sembrano tutte assatanate, ma alla fine è tutta apparenza”.
“Ma quale apparenza? Vedo passare di qui ogni giorno donne e ragazzine mezze nude che sembrano incitare alla violenza sessuale! Quelle non ne hanno mai abbastanza! Avessi io la tua età, ogni sera ne avrei cinque o sei diverse!”
“Mah… Io sarei già contento di averne una ogni tanto! Per ora ti saluto e magari domani passo a dirti quante ne ho conquistate questa sera!”
Franco faceva il barbiere in paese da tanti anni e, anche se era arrivato dalla lontana Sicilia, si era saputo integrare subito nei meccanismi di quella piccola località balneare chiamata Spotorno. Il suo argomento principale erano le donne – meglio se disponibili – ed alcuni clienti non mancavano mai di chiedergli quali novità avesse a tal riguardo. Franco, che era scapolo ed anche uomo di spirito, esagerava volutamente, suscitando ilarità e divertimento negli avventori, i quali, incuriositi dalle grandi cifre, chiedevano particolari dettagliati.
“Ma che ve ne frega a voi delle mie donne? Pensate alle vostre, se ne avete, o ai vostri uomini se siete dell’altra sponda. Perché io mica sono fesso e mi sono accorto subito di essere capitato in un paese di finocchi” rispondeva con veemenza.
Tra uno sfottò e l’altro, passavano veloci le ore in quella piccola bottega di barbiere che era diventata un vero e proprio porto di mare, con clienti veri ed altri virtuali che entravano solo per scambiare quattro chiacchiere con quel divertente personaggio.
A Barnaba era molto simpatico e non mancava mai di andarlo a salutare quando passava nei pressi del suo negozio. Gli argomenti di conversazione erano sempre gli stessi, ma ogni volta si coloravano di particolari divertenti e termini molto folcloristici.
Franco non si era mai sposato, anche se, a suo dire, più di cento donne avevano tentato di portarlo all’altare, ma aveva sempre rifiutato, sia perché non credeva nell’amore eterno, sia per il timore di doversi trovare un giorno carico di corna per colpa di una moglie poco fedele.
“E che? Ma ci pensate? Io tutto il giorno qui in bottega a rastrellare qualche quattrino e lei in chissà quale letto con chissà chi! No, non mi ci sono mai visto in questi casini. Meglio scapolo, così se mi capita tra le mani qualche bella signora, non ho nessun freno e non devo nemmeno preoccuparmi di nascondere le mie eventuali corna davanti alla gente!”
In queste esternazioni emergeva tutta la sua anima sicula, profondamente orgogliosa e fiera. E così, dopo tanti matrimoni rifiutati, Franco era ormai oltre la sessantina. Avrebbe potuto tranquillamente godersi la pensione, ma continuava a lavorare, forse più per impegnare la giornata che per reale dedizione al lavoro.
Il suo motto “stasera mussa!” – esclamato alla fine di ogni taglio – era ormai diventato diffusissimo in paese, anche se qualcuno era convinto che portasse sfortuna, dato che di mussa non se ne vedeva mai, oppure se ne vedeva poca e di livello molto basso.
In quella piccola bottega Barnaba era uno dei clienti più fedeli. In oltre vent’anni di frequentazione quel negozietto era sempre rimasto uguale: le poltroncine in finta pelle, i quadri di pittori sconosciuti appesi alle pareti, la stufa a gas nella stagione invernale ed i vecchi giornalini di Tex che avevano fatte più battaglie loro che il protagonista stesso, tanto erano ingialliti e consumati.
Anche Franco sembrava sempre uguale, con i capelli leggermente lunghi, il camice pulito e lo sguardo più attento alle donne transitanti sulla via che sulle teste dei clienti.
Barnaba era nato e cresciuto in quel piccolo paese che molti suoi coetanei ritenevano noioso e banale, ma che a lui piaceva ed ogni sera si godeva il lungomare, nei mesi invernali incredibilmente deserto e malinconico. Preferiva la quiete invernale alla confusione estiva, l’esatto contrario di tutti i suoi amici che non vedevano l’ora arrivasse la calda stagione per conquistare qualche ragazza giunta in villeggiatura.
Passeggiare nei mesi invernali era per lui un autentico toccasana che avrebbe rimpianto in estate, quando per percorrere la passeggiata avrebbe dovuto spintonare e farsi largo tra i bagnanti.
Quel piccolo paese in inverno assumeva connotati particolarmente interessanti per i suoi gusti e aveva modo di apprezzarne tutte le bellezze, come l’aria salubre in riva al mare, il fresco odore della brezza marina, il profumo di iodio e tutte quelle sensazioni che in estate non riusciva a provare, come se il sopraggiungere di tanti turisti riuscisse a cancellarle.
Gli piaceva particolarmente arrivare fino al terzo molo e sedersi su una panchina per osservare il moto ondoso ed i gabbiani che si godevano la spiaggia, prima di venire “sfrattati” da ombrelloni, sdraio e lettini.
Già… Ombrelloni, sdraio e lettini che conosceva molto bene. Nei mesi estivi faceva il bagnino in uno stabilimento balneare del paese, dove la confusione regnava sovrana e dove centinaia di turisti facevano capolino ogni giorno per la classica tintarella e per bagni rinfrescanti.
Dopo alcune stagioni trascorse sulla spiaggia caotica, aveva iniziato ad amare l’inverno e le sue meraviglie, che, anno dopo anno, gli apparivano sempre più incredibili e salutari.
Durante le sue lunghe passeggiate solitarie incontrava spesso il bancario-sindacalista – storico comunista del paese – che passeggiava cercando di dimenticare le frustrazioni del lavoro ed il playboy di mezz’età, sempre intento a dare la caccia a donne e fanciulle.
Il lavoro in spiaggia gli piaceva, ma talvolta avrebbe preferito essere in una baita a quattromila metri d’altezza ad ascoltare solo il suono del vento che pettina gli alberi e l’eco di temporali lontani, senza il continuo e banale chiacchiericcio, tipico dei dialoghi tra vicini di ombrelloni.
Nonostante tutto, però, quel lavoro gli consentiva una buona paga e qualche sporadica avventura con ragazze in villeggiatura che – come era solito dire Franco – “quando si allontanano da casa, si imputtaniscono di brutto!”
Il mondo di Barnaba era fatto di alcuni amici, la sala giochi, un paio di bar, il lavoro in spiaggia e gli esami universitari che sembravano non finire mai.
Un piccolo emisfero comune a chissà quanti ragazzi della sua età e che in fondo non gli dispiaceva.
(* Mussa: Termine dialettale indicante l’organo genitale femminile)
Quarta di copertina
1994. A Spotorno, piccola località balneare della riviera ligure, un gruppo di amici ventenni vivacchia tra una partita ai videogames, qualche serata in un bar e il classico miraggio di una bella ragazza. Arriva l’estate con i suoi lavori stagionali e a volte nella calura di luglio e agosto qualche miracolo si avvera, anche se con risvolti e sfumature imprevedibili che lasceranno l’amaro in bocca ad alcuni e un dolce sapore ad altri. I miti dello sport, come anche le fanciulle, donano gioie e dolori ai protagonisti di questo romanzo e i mondiali di calcio negli States lasciano il segno, tra delusione, inaspettate gioie e un pallone che vola troppo alto sopra alla traversa.
Bande d’u Dio racconta una storia avente protagonisti dei ragazzi, degli uomini vissuti e delle donne in cerca di riscatto personale o che provano per la prima volta delicati sentimenti. Persone e situazioni che, pur essendo inventate, trovano facilmente riscontro nelle piccole realtà di provincia, tra sala giochi, tifo calcistico, amici strampalati e tante risate.
In sottofondo si ascoltano molte canzoni dei primi anni Novanta e altre più datate che si fondono in un collage di mode, usi e costumi di oltre quindici anni fa. Le citazioni musicali ben si accompagnano a quelle cinematografiche e letterarie, svelando un’attenzione minuziosa ai dettagli che fanno da contorno al nucleo centrale della narrazione. Si ride molto, ma non mancano anche spunti di riflessione che svelano le numerose incertezze di una generazione combustibile (?).
Biografia
Mario Marengo, nato a Savona nel 1974, è da sempre un appassionato di musica rock e pop, cinema di nicchia (horror e commedie italiane, poliziotteschi, telefilm e cartoni animati), fumetti, sport e di qualsiasi cosa gli dia quelle sensazioni che hanno stimolato il suo primo romanzo Bande d’u Dio – Generazione combustibile (?). Laureato in lettere, vive e lavora a Spotorno come bagnino e dalla vita del suo piccolo paese ha tratto l’ispirazione per affrescare i personaggi e le situazioni che popolano questo libro. Tifoso del Genoa e irriducibile fan dei Rockets, colleziona dischi rari e giocattoli tratti dalle serie di cartoni animati giapponesi degli anni Settanta.