Alla fine il provvedimento è arrivato e a modo suo ha stabilito un precedente. Dopo mesi di dibattito, le autorità del Department of Homeland Security degli Stati Uniti sono intervenute per bloccare un canale di trasferimento fondi tra gli utenti americani e la Mt. Gox, la principale piazza di scambio dei Bitcoin. Ovvero il luogo in cui si vende e si acquista come in un vero mercato valutario la più celebre, volatile e discussa moneta virtuale del Pianeta. Quella valuta digitale al centro delle cronache finanziarie di aprile che oggi è vista dai critici non solo come un conclamato strumento di speculazione ma anche come un potenziale canale di transazioni per le attività criminali. A cominciare dal riciclaggio di denaro.

Per comprendere la vicenda occorre però partire dal principio. Il Bitcoin è stato inventato nel 2009 da un misterioso programmatore di nome Satoshi Nakamoto, molto probabilmente uno pseudonimo di gruppo. La valuta, che esiste solo in forma digitale, non si basa sulla convertibilità aurea né sul sistema di emissione di un’ipotetica banca centrale. Tecnicamente funziona come una moneta in codice sepolta in una miniera virtuale da cui può essere estratta risolvendo un complesso problema di calcolo. Gli utenti si associano in un network (così da raggiungere con la somma dei loro computer la potenza di calcolo necessaria) ed utilizzando un programma ad hoc, tentano di risolvere una crittografia. Ogni volta che si arriva a una soluzione, il sistema eroga una certa quantità di valuta che viene divisa tra gli utenti stessi.

Il Bitcoin, a quel punto, può essere utilizzato in due modi. Acquistando beni e servizi sui siti che accettano la valuta virtuale, oppure scambiando la moneta sulle piattaforme come Mt. Gox, dove il Bitcoin può essere comprato o venduto da chiunque utilizzando dollari, euro, sterline molte altre valute “reali”. È stato così che nei primi mesi dell’anno la valuta virtuale è andata incontro a una clamorosa bolla speculativa che ha portato il suo tasso di cambio dai 13 dollari di gennaio ai 230 dollari di aprile. Il successivo crollo e la successiva ripresa ne hanno certificato la spaventosa volatilità attirando l’attenzione degli analisti.

A interessarsi al fenomeno, però, sono state anche le autorità. Perché, particolare non da poco, i portafogli degli utenti carichi di Bitcoin sono espressi sotto forma di codice e sono quindi anonimi. Dietro a ciascun portafoglio, in altre parole, potrebbe celarsi chiunque: dagli investitori milionari – come i gemelli Cameron e Tyler Winklevoss, i celebri promotori di una storica causa contro Mark Zuckerberg sulla paternità intellettuale di Facebook, che l’11 aprile scorso dichiararono al New York Times di aver accumulato Bitcoin per 11 milioni di dollari – fino a qualsiasi riciclatore professionista di denaro sporco.

E qui si torna alla cronaca. Secondo la legge statunitense le società di money transfer, a cominciare dai colossi come Western Union, sono tenute per legge a registrarsi presso il Dipartimento del Tesoro sottoponendosi quindi a una serie di regole tra cui, ricorda il Wall Street Journal, l’obbligo di segnalazione di tutte le operazioni che coinvolgano un ammontare superiore ai 10mila dollari. A marzo, il Financial Crimes Enforcement Network (FinCen) dello stesso Dipartimento, l’ente principale di contrasto alle operazioni di riciclaggio di denaro negli Stati Uniti, aveva sentenziato l’estensione di questi obblighi anche a quelle società che trattano il trasferimento di valuta virtuale. Ma non tutte, a quanto pare, avrebbero recepito il messaggio.

Secondo la ricostruzione della rivista Forbes, l’amministratore delegato di Mt. Gox, Mark Karpeles, aveva aperto nel 2011 un conto presso la Wells Fargo intestato ad una controllata di Mt, la Mutum Sigillum LLC, assicurando le autorità di non agire in qualità di cambiavalute né di money transfer. La divisione investigativa del Department of Homeland Security (DHS), tuttavia, non gli ha creduto sostenendo al contrario che Karpeles utilizzasse i servizi di una società esterna, la Dwolla per consentire alla clientela di acquistare Bitcoin e trasferirli in seguito a Mt. Gox tramite la stessa Mutum Sigillum. In attesa di ulteriori chiarimenti il DHS ha quindi bloccato i conti registrati presso Dwolla e Wells Fargo chiudendo così un importante canale di trasferimento della valuta virtuale. A disposizione degli utenti americani restano comunque i servizi offerti dai concorrenti CoinLab di Seattle e Coinbase di San Francisco, entrambi regolarmente registrati presso il Dipartimento del Tesoro e come tali legalmente autorizzati ad effettuare le transazioni.

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