Conosco Sandro Medici da oltre quarant’anni. Se c’è una persona in grado di salvare Roma dal degrado cui l’hanno condannata le politiche scellerate del pareggio di bilancio e il vero e proprio massacro cui è stata sottoposta in questi ultimi anni dal clientelare e fascista Alemanno, quella è proprio Sandro.
Per i motivi indicati dall’appello firmato da varie personalità che è stato pubblicato oggi dal manifesto. E soprattutto per il fatto che, unico fra i candidati a sindaco di Roma, egli fa riferimento effettivo ai movimenti sociali che continuano a svilupparsi nella nostra metropoli, la più grande fra quelle che si affacciano sul Mediterraneo. Movimenti che in questi anni hanno continuato a battersi per la casa, per il lavoro, per la cultura e per l’ambiente. In netta contrapposizione alle politiche dissennate che Alemanno, e non solo lui, ma a volte anche settori dello stesso Pd, hanno portato avanti. Restituire Roma a un’amministrazione degna di questa nome costituisce ovviamente la conditio sine qua non della sua rinascita. E tale amministrazione dovrà essere in grado di opporsi alle politiche nazionali ed europee di taglio della spesa pubblica e di stabilire un rapporto proficuo con i movimenti. Altrimenti sarebbe solo una riedizione delle sbiadite giunte di Rutelli e Veltroni, che hanno fatto la fine che hanno fatto.
Ma il voto a Sandro Medici e alla sua coalizione (Repubblica Romana, Sinistra per Roma, Partito Pirata) assume anche un valore politico nazionale. Dopo la disfatta del Pd che, per voler rifiutare un rapporto costruttivo con il Movimento Cinque Stelle, come giustamente denunciato ieri da Beppe Grillo a Piazza del Popolo, si è condannato a morte ed ha condannato il Paese a continuare a essere governato dalla peggiore delle cricche, è più che mai necessario rilanciare l’alternativa. Basata, più che su di un’alleanza fra forze politiche, sulla democrazia diretta e partecipata e sulle istanze che i movimenti portano avanti.
Anche da questo punto vista è significativo il riferimento all’esperienza storica della Repubblica Romana, la cui costituzione, analizzata da Domenico Gallo nel suo ottimo libro “Da sudditi a cittadini” era basata sul pieno rispetto ed applicazione del principio della sovranità popolare. Così come lo è dal punto di vista della laicità dello Stato, da salvaguardare tanto più nella città che da sempre ospita il Vaticano. E della sua dimensione rivoluzionaria internazionale, nel momento in cui le rivoluzioni arabe e i movimenti che scuotono l’insieme del Mediterraneo, dalla Spagna alla Grecia, dall’Egitto alla Turchia, pongono con forza l’esigenza di un interlocutore che sappia valorizzare e portare avanti queste spinte verso un mondo migliore e più giusto.
Il voto alla coalizione che sostiene Sandro Medici assume però soprattutto un valore politico generale. Come contributo alla rinascita e al rilancio di quella sinistra che, come sono solito sostenere, è oggi più che mai necessaria al nostro Paese e al mondo. Una sinistra ovviamente rigenerata e depurata dai suoi difetti, ivi compresi purtroppo una buona dose di “castismo”, che l’hanno condannata all’emarginazione e all’irrilevanza.
Distribuendo in questi giorni il mio volantino autoprodotto e autofinanziato in mille copie (sessanta euro che nessuno mi rimborserà) sono stato colpito da due fenomeni. Primo, la stanchezza del popolo romano di fronte alla politica. Secondo, la crescente importanza dei migranti nel suo tessuto sociale. Entrambi fenomeni cui bisogna far fronte con un rilancio, allargamento e qualificazione della cittadinanza. Più cittadini e meno schiavi, vale sia per gli “indigeni” che per gli immigrati. Si va avanti o si arretra insieme. Questo il buon Beppe, a quanto pare, non l’ha capito o fa finta di non averlo capito.
La strada dell’alternativa all’attuale governo di larghe intese, tuttavia, passa necessariamente per una ripresa dei movimenti di lotta e l’attivazione di una sponda politica che veda un confronto serrato fra la sinistra e il Movimento Cinque Stelle. A partire da lotte come quella per il reddito garantito che dovremo scatenare con forza nei prossimi mesi. E a partire dai territori, per costruire ovunque un tessuto di democrazia attiva e partecipata che faccia da argine allo sconforto e allo scoramento alimentati dalla casta, terreno di coltura per la reazione, il razzismo e il fascismo.