L’America sente il bisogno di riflettere sulla guerra in Iraq anche attraverso la letteratura: dopo Yellow Birds di Kevin Powers, arriva E’ il tuo giorno, Billy Lynn! di Ben Fountain (minimum fax). Un romanzo davvero bello, ironico e tragico insieme, e soprattutto nuovo, non solo per lo stile fresco, che non risparmia invenzioni, ma anche per lo sguardo sul problema. Perché i lettori non seguono il soldato Billy nel deserto iracheno, ma in quello texano, in fondo altrettanto insidioso, durante un grottesco Victory Tour che espone la squadra Bravo all’ignoranza dei connazionali, che della guerra conoscono solo la retorica.
Fra salotti tv, film in preparazione, partite di football, buffet del Ringraziamento offerti da ricchi patrioti, miraggi di cheerleader, untuose strette di mano e medaglie, si tace la cosa più importante: che i ragazzi stanno per tornare al fronte e che lo spettacolo che offrono è solo una parentesi fra una morte e l’altra.
Billy cerca di fare la sua parte, non solo come «soldato semplice in fanteria, il grado più basso che esiste», ma anche nel grande spettacolo mediatico che lo divora («Ecco cosa invidia davvero a questa gente, il lusso di considerare il terrorismo un argomento di conversazione»). I suoi tentativi di rispondere in modo adeguato, delicato, a un mondo che con lui non è delicato per niente, sono commoventi. Ma questa è l’epoca di Bush che, con la stessa indifferenza, spedisce i giovani a farsi ammazzare o sul palco di uno stadio. La critica alla guerra diventa più feroce, perché dietro c’è una critica, ancora più impietosa, all’America che la sostiene.
Si sprofonda nella provincia, un campo minato di sogni americani, fra petrolieri che cercano di arricchirsi sulla pelle degli altri e famiglie disperate, adolescenti senza futuro e drammi quotidiani che rivelano un paese perdente, a dispetto di qualsiasi vittoria militare.
Noi europei, «immersi nel grembo di tutto ciò che è americano: il football, Il Giorno del Ringraziamento, la televisione» come la squadra Bravo, durante la lettura, a volte, possiamo fare un po’ fatica a sopportare questo carico di americanità, molto insistito anche nel linguaggio. Ma è uno sforzo che ripaga perché solo immergendosi così, si riesce a entrare nella palude di un paese. «Gli americani sono dei bambini che devono andare da qualche altra parte a crescere, e a volte a morire»?
Ben Fountain ci risponde con questo romanzo di formazione, contemporaneo e struggente, e lo fa così bene che è impossibile non voler bene a Billy Lynn e ai suoi 19 anni bruciati («l’Iraq ti faceva invecchiare in anni dei cani»).