Il maxi sequestro deciso dai magistrati di Taranto “mette a rischio la continuità aziendale dell’Ilva“. L’avvertimento è stato lanciato in una nota dopo il consiglio di amministrazione di Riva Fire. “Rischia di compromettere l’iter per l’approvazione del piano industriale 2013-2018 avviato da mesi”, ha spiegato la società proprietaria dell’acciaieria, riunita in sessione straordinaria per esaminare le conseguenze del provvedimento deciso dalla magistratura di Taranto lo scorso 24 maggio.

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“Il perseguimento di tale iter avrebbe consentito sia il rispetto di tutti gli obblighi sotto il profilo industriale e finanziario, sia l’approvazione del bilancio nei termini di legge in situazione di continuità aziendale”, si legge nella nota, “e l’interruzione di tale processo causata dal sequestro può invece portare a una situazione fuori controllo, anche con possibili ripercussioni occupazionali per circa 20mila dipendenti diretti in Italia e almeno altrettanti nel cosiddetto indotto”. Il cda di Riva Fire ha intanto dato mandato ai propri legali di impugnare i provvedimenti, “seppur consapevole della incompatibilità dei tempi giudiziari con le urgenze dell’attività industriale del gruppo”.

La decisione dei magistrati di Taranto, e le successive dimissioni a catena dei membri del consiglio di amministrazione, ha acceso il dibattito sul futuro dell’azienda pugliese. “Si gioca una partita decisiva per il futuro del nostro Paese”, ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, sottolineando che “senza una soluzione l’Italia è destinata a uscire dai Paesi industrializzati”. Per quanto riguarda la nazionalizzazione, una ipotesi sul tavolo del governo Letta come ha avvertito il presidente della Commissione bilancio alla Camera Francesco Boccia, il numero uno dell’associazione degli industriali ha invece preferito non esprimersi. Mentre il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi ha detto che un intervento pubblico “non credo sia all’ordine del giorno”, dichiarando però che “è importante che il governo dimostri di esserci”.

Il premier Enrico Letta ha intanto incontrato i leader sindacali per affrontare la questione Ilva e più in generale il problema lavoro. Il presidente, spiegano fonti sindacali, è apparso molto preoccupato, ma non ha detto che cosa intende fare il governo. “E’ stato un primo incontro positivo”, ha commentato il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni. I sindacati hanno chiesto che i provvedimenti sul lavoro passino prima attraverso un accordo tra le parti sociali per non lasciarli in balia del Parlamento. Nel corso dell’incontro Bonanni ha insistito sul credito d’imposta per incentivare le assunzioni e sulla riduzione delle tasse per stimolare la crescita, i consumi e l’occupazione.

Intanto la Corte di Cassazione ha confermato gli arresti domiciliari per Emilioe Nicola Riva, patron dell’Ilva, e per l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso. La prima sezione penale ha infatti respinto il ricorso presentato dalla difesa contro l’ordinanza del riesame del 23 ottobre scorso, che aveva detto no alla liberazione. E’ la seconda volta dall’inizio dell’anno che la Suprema Corte respinge le richieste dei proprietari dell’Ilva, agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della procura di Taranto per disastro ambientale. Già lo scorso 17 gennaio la prima sezione penale aveva confermato la custodia cautelare ai domiciliari per i due Riva e per Capogrosso. Nelle motivazioni pubblicate il 4 aprile la Corte aveva espresso la certezza che i Riva fossero “consapevoli” del disastro ambientale. Il sostituto procuratore generale della Cassazione Mario Fraticelli si era pronunciato contro la rimessione in libertà degli arrestati.

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