Troppo pochi, molto pochi, mica tanti, tanti e pochi, pochi pochi. Ogni commentatore potrà scegliersi la forma che vuole per “interpretare” i risultati del referendum consultivo svoltosi ieri a Bologna riguardo la scelta di proseguire a finanziare con fondi comunali (1 milione di euro l’anno) le scuole paritarie.
La mera cronaca dice che ha votato il 28,71%, cioè 85934 votanti su 290000, e che il 59% (circa 50700 voti) ha optato per l’opzione A (non continuare l’erogazione di fondi pubblici) e il 41%, circa 35200 per l’opzione B (continuare a farlo).
Il comune sentire, invece, invoca la bassa affluenza. Un dato comunque relativo che però deve scontare un paio di considerazioni oggettive di non poco conto. La prima è che in un referendum consultivo conta il risultato ma non l’affluenza, tanto che la campagna elettorale se da un lato ha visto l’apparizione (per la A) di santini laici come attori ed intellettuali “forestieri”, dall’altro (per la B) ha visto la discesa in campo perfino della Madonna di San Luca, tanto e tale era compatto e agguerrito il fronte del B tra le varie anime cattoliche e istituzionali della città (Curia, Pdl, Pd, sindaco Merola, Unindustria, Coop).
Quindi le parti in gioco hanno deciso di giocarsela in cabina elettorale e non di andare craxianamente al mare. Il sindaco Merola con Pd, Pdl, Lega, Curia, ecc… voleva la vittoria dell’opzione B e ha perso. Sel e 5 Stelle volevano la vittoria della A e hanno vinto. Togliere valore ad una vittoria perché hanno votato in “pochi” è dare torto all’obiettività dei fatti. Sarebbe come se una volta decise le regole d’ingaggio, decise formazioni e arbitri, di fronte agli spalti dello stadio riempiti per un terzo, lo sconfitto in campo dichiarasse di poco valore il risultato finale della partita.
Peccato, comunque, che ieri avessi come da due-tre giorni a questa parte, una fastidiosa influenza, forse dovuta ad una settimana di clima pazzerello, che non mi ha permesso di andare ai seggi. Non avevo un’idea ancora precisa su cosa votare, ma ci sarei andato, se la salute me lo avesse permesso. Questo per dire che come si “interpreta” la percentuale degli astenuti come se volessero tutti votare per gli sconfitti nelle urne, allora si può arbitrariamente pensare (e interpretare) che chi è stato a casa l’abbia fatto per decine di motivi diversi ma non necessariamente perché avallava l’opzione B, o A.
E ancora, allargando lo spettro interpretativo delle percentuali di votanti: ma qual è la soglia oggettiva in cui si passa dal “troppo poco” al “poco” (30%?), dal “poco” all’ “abbastanza” (40%?), dall’ “abbastanza” al “parecchio” (51%?), dal “parecchio” al “tantissimo” (66%?)?
Se in queste ore, come già abbiamo visto, l’affluenza alle urne nel comune, per esempio, di Imola, cala vertiginosamente rispetto alle precedenti tornate elettorali che si fa? Si squalifica il sindaco vincente? O addirittura si squalificherà un possibile ballottaggio dove andranno ancora in meno a votare?
L’idea sarebbe quella di fare una votazione online per decidere i parametri interpretativi del “poco” e del “tanto” per una consultazione elettorale. Sperando che voti almeno una misura sufficiente per dargli valore… sì, ma quanti?