Il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, all’inizio dell’udienza del processo per la trattativa tra Stato e mafia, ha preannunciato una nuova aggravante per l’imputato Nicola Mancino, l’ex presidente del Senato, accusato di falsa testimonianza. Ma il presidente della Corte d’appello, Alfredo Montalto lo ha bloccato, dicendo che non era ancora il momento per procedere alla contestazione. A quanto si è potuto comprendere dallo sviluppo del dibattimento, l’aggravante sarebbe di aver detto il falso per coprire altri imputati, ma il pm potrà formalizzarla solo nella prossima udienza.
”Io ho sempre combattuto la mafia, non posso stare nello stesso processo in cui c’è la mafia. Chiederemo uno stralcio”. L’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino annuncia la sua strategia prima dell’inizio dell’udienza sulla trattativa Stato-mafia che prende il via a Palermo e in cui l’ex politico è imputato di falsa testimonianza. “Ho fiducia e speranza – ha aggiunto – che venga fatta giustizia e che io possa uscire al più presto dal processo”. E al termine dell’udienza, ai giornalisti ha detto: “La trattativa? Non c’è stata proprio per niente”.
Sull’ipotesi di stralcio, la risposta del procuratore di Palermo Francesco Messineo non si fa attendere: “Quella di Nicola Mancino è una posizione che già era stata espressa nel corso dell’udienza preliminare e sulla quale c’è stata già una pronuncia provvisoria. Ritengo che la difesa di Mancino saprà svolgere egregiamente il suo compito proponendo quei temi che ritiene adeguati per il cliente”.
“Qualora si dovessero accertare elementi di colpevolezza dello Stato, lo Stato non potrebbe nascondere eventuali responsabilità sotto al tappeto”, ha detto il pm Nino Di Matteo nell’aula bunker ‘Pagliarelli’ di Palermo. Gli imputati sono dieci: ex politici come Marcello Dell’Utri e Nicola Mancino, ex ufficiali dell’Arma, come il generale Antonio Subranni, il pentito Giovanni Brusca, Massimo Ciancimino. Sono tutti accusati di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato, tranne Mancino, che risponde di falsa testimonianza, e Ciancimino, imputato di concorso in associazione mafiosa e calunnia all’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro.
“Io non rappresento lo Stato, sono l’ex ministro dell’Interno. Io rappresento me stesso con una imputazione diversa da quella degli altri imputati. Io sono imputato di falsa testimonianza perché la mia parola è stata ritenuta inadeguata rispetto a qualche collega che all’epoca era ministro”, ha detto ancora Mancino prima di iniziare l’udienza.
Tra le tante richieste di costituirsi parte civile contro boss e rappresentanti dello Stato che avrebbero cercato l’abboccamento con Cosa nostra, anche il Comune di Firenze, nella persona del sindaco Matteo Renzi. Poi l’associazione Libera di don Ciotti, l’Associazione nazionale antimafia presieduta da Adriana Musella, l’associazione Addio Pizzo, Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso.
Tra i testimoni convocati c’è l’attuale presidente del Senato Pietro Grasso, ex magistrato: “Sono testimone, non posso che dichiarare al processo quello che so”, ha annunciato. L’udienza è stata rinviata al prossimo 31 maggio. In quella occasione la Procura spiegherà qual è l’aggravante annunciata per Nicola Mancino.