Un pranzo sociale, musica, una piccola mostra fotografica e soprattutto, nessun poliziotto. Il giorno dopo le cariche tra forze dell’ordine e militanti del collettivo Cua, cariche che hanno provocato almeno otto feriti, tra i quali un carabiniere e il fotografo Mario Carlini, più una trentina di contusi, gli studenti soddisfatti possono dire di essersi aggiudicati la battaglia. Anzi, di aver conquistato quello “spazio sociale” per il quale da giorni si battevano: piazza Verdi. Perché ventiquattrore dopo i tafferugli che hanno tenuto in scacco il cuore della zona universitaria, nessun poliziotto, carabiniere o celerino è intervenuto per allontanare i militanti di Cua e Làbas, che dalle 10 del mattino si sono sistemati in piazza per discutere, chiacchierare e ascoltare un po’ di musica. Nonostante fossero ben due gli amplificatori installati, nonostante, quindi, fosse presente quel fattore scatenante che, almeno secono la presidente del quartiere San Vitale Milena Naldi, avevano determinato l’intervento della polizia. Nessuna pattuglia, né camionetta, e in giornata c’è stato solo un passaggio di responsabilità tra questura, prefettura, Comune e Università senza che, infine, nessuno si risolvesse per un intervento.
In piazza, quindi, i collettivi festeggiano. “E’ un diritto riunirci qui e noi ci batteremo sempre contro la linea repressiva del Comune di Bologna e contro le politiche aziendalistiche del rettore Ivano Dionigi, che cerca di dismetterla, di desertificarla”. “Noi – spiega Loris di Hobo, commentando i tafferugli di ieri – abbiamo chiesto la libertà di vivere via Zamboni e piazza Verdi pacificamente, di organizzare assemblee pubbliche e di discutere percorsi sociali in risposta alla precarietà e alla crisi economica che colpisce soprattutto noi giovani, ma questo ci è stato impedito con la forza dal Comune e dall’Università. Quindi abbiamo dovuto respingerli”.
Stamattina, poi, una ventina di giovani del collettivo universitario autonomo avevano tentato di arrivare fino “alla fonte del problema”, il rettore Ivano Dionigi, riunito insieme al consiglio di amministrazione dell’Ateneo in via Zamboni 33. “Vuole militarizzare l’università – spiegano – sono cinque giorni che non parla, è il simbolo di un Ateneo che si blinda di fronte agli studenti e ai loro bisogni”. Volevano anche chiedergli spiegazioni sulla presenza in piazza della polizia, per poi presentargli una lista di questioni che “andrebbero risolte”: la riforma Gelmini e le “politiche aziendalistiche con cui l’ateneo viene gestito”, gli affitti in nero, il problema mensa, “che è la più cara d’Italia”.
“La verità è che l’Università pretende rette troppo alte e poi con i soldi degli studenti mantengono clientele politiche di ogni tipo” raccontano i ragazzi del Cua. Ma, giunti in via Zamboni 33, si hanno avevano trovato nuove porte chiuse ad attenderli. Alle loro rivendicazioni in mattinata aveva però risposto il prorettore Roberto Nicoletti: “stamattina non li abbiamo ricevuti perché non l’avevano chiesto – spiega – ma si presentassero in una delegazione il rettore li ascolterebbe”. “Il rettore non si è voluto pronunciare sulla brutalità con cui ieri la polizia ci ha bloccati, e solo la nostra rabbia ci ha permesso di cacciarla dalla piazza – hanno contestato i ragazzi – ma se spera di non prendere posizione si sbaglia. Con il suo silenzio è complice delle cariche di ieri e se ne deve assumere la responsabilità. Perché la nostra è una lotta per tutti, per una zona universitaria meticcia, solidale e aggregante”. “Piazza Verdi – ha ribattuto Nicoletti, spostando la responsabilità dell’intervento delle forze dell’ordine sul Comune di Bologna – non è dell’Università e la polizia non viene perché è il rettore a chiamarla. Certo c’è una situazione di tensione che va disinnescata. Ma diciamoci la verità, tutte queste teste rotte… non è vero. Bisogna vedere come se le sono rotte”.
Sin dalla mattinata, invece, sono arrivate puntuali le durissime le reazioni delle forze politiche e dei sindacati della polizia agli scontri verificatisi ieri in piazza Verdi: “Vedere le forze dell’ordine circondate e sopraffatte fa capire che al peggio non c’è mai fine, fa capire che la città è fuori controllo, fa capire che esiste qualcuno più forte delle istituzioni – ha scritto su Facebook Marco Lisei, consigliere comunale del Pdl, critico nei confronti del collettivo protagonista delle cariche di ieri pomeriggio – queste persone sono persone come i mafiosi, combattono contro lo Stato e le sue regole, contro la civiltà e l’educazione. Siamo allo sbando completo. Esercito, idranti, fogli di via, contestazione di reati associativi: tante sono le proposte che abbiamo fatto, nessuna mai ascoltata. Questo il risultato”.
“Il Cua aveva annunciato il blitz e l’ha fatto – ha sottolineato anche Milena Naldi – Sappiamo chi sono. Resta la disponibilità a incontrarli, anche perché non ho capito cosa vogliono. Come si fa a dialogare con gente che va in piazza a tirare le bottiglie? Questa una buona domanda. È triste se loro stanno solo cercando una guerriglia settimanale”. “I collettivi hanno mostrato il loro vero intento – ha dichiarato Felice Romano, segretario nazionale del Siulp, il sindacato della polizia – tenere sotto scacco la città, calpestare ogni regola della democrazia e attaccare lo Stato democratico attraverso l’aggressione ai poliziotti. Se è una questione politica tra chi governa la città e questo gruppo di violenti, allora è bene che intervenga il ministro Angelino Alfano ed eviti che, per una controversia sul rispetto di regolamenti comunali, a rimetterci le penne siano come al solito i poliziotti”.
Nel pomeriggio, poi, anche il rettore Dionigi si è espresso sul clima di tensione che in questi giorni si respira in piazza Verdi: “sono il primo a riconoscere il diritto primario e fondamentale di riunirsi in assemblea – ha dichiarato il numero uno dell’ateneo – altrettanto primario e fondamentale, però, è il rispetto delle regole elementari che assicurano la piena fruibilità di quel bene pubblico che è piazza Verdi. Invito quindi tutti gli studenti a contribuire con il loro senso civico e con la loro intelligenza a migliorare la vivibilità e la qualità di quel luogo, perché essa da simbolo negativo diventi simbolo positivo”.
Il questore: “Agenti aggrediti”. A difendere gli agenti inviati in piazza Verdi ieri per bloccare sul nascere l’assemblea indetta dal Cua è intervenuto anche il questore di Bologna, Vincenzo Stingone: “Io avevo fatto un appello al buon senso e all’abbassamento dei toni. Ma vedo che c’è qualcuno che i toni li vuole tenere alti, c’è qualcuno che la tensione la vuole provocare. Ma non siamo certo noi”. Anzi, continua Stingone, “ancora una volta da parte del Reparto Mobile e dei carabinieri c’è stato un comportamento ineccepibile e un’assoluta correttezza”, comportamento che ha consentito di evitare “la guerriglia urbana”. I collettivi, spiega il questore, hanno messo in atto “un’aggressione nei confronti delle forze dell’ordine, con una reazione abnorme e un rischio concreto che la situazione potesse degenerare, compromettendo l’incolumità degli stessi manifestanti, degli agenti e dei militari, ma anche dei cittadini inermi, con un lancio di bottiglie sconsiderato. Per quei gesti ciascuno dovrà rispondere”.