L'ex parlamentare centrista è sotto processo per spaccio dopo la serata del 2007 con la escort in un hotel di Roma: è stato l'antesignano del genere, la sua vicenda arrivò prima di quella di Marrazzo e del "bunga bunga". Ora sfida la candidata Pdl sostenuto solo da una lista civica
“La riconoscenza, in politica, è solo un sentimento del momento, lo sa? Mi hanno gettato nelle fiamme, mi hanno fatto bruciare. Ma ora sono qui. Me lo ha chiesto la mia città, perché ha bisogno di me. E io sono pronto”. Il fuoco della politica s’è riacceso in Mimmo Mele. E la sua Carovigno, in provincia di Brindisi, gli ridà una chance. Se la giocherà al ballottaggio. “Qui mi vogliono bene, che ci vuol fare”, ripete, scanzonato. È il gran ritorno, dopo sei anni, dell’ex parlamentare Udc.
Di lui s’erano perse le tracce nei clamori di quella notte di fine luglio 2007. Sesso, droga, un malore di troppo, il festino dello scandalo che ha battezzato una tendenza, prima ancora di Piero Marrazzo, prima ancora del “bunga bunga” di Arcore. Mimmo Mele aveva anticipato tutti. “Discutiamo di qualsiasi cosa, ma non mi chieda della Zenobi. Ho già fatto outing. Ne parlerei pure volentieri, ora che è diventata solo un ricordo. Il fatto è che sono troppo ingenuo e, alla vigilia del ritorno alle urne, non conviene, sa com’è”. Sorride, forse un po’ imbarazzato, nel fare la sua premessa. Dalla bufera all’oblio, dal lungo silenzio alla nuova corsa. Rieccolo. Ha capitalizzato il 35,08 per cento dei consensi. Duellerà al secondo turno con la candidata del centrodestra, Antonia Gentile, avanti con il 43,11 per cento delle preferenze. S’è lasciato dietro altri tre contendenti. La sua Carovigno l’ha perdonato. “La mia città – chiosa Mele – ha sempre saputo che ho un debole per le donne, ma che non ho mai rovinato famiglie. Sono di nuovo in pista anche per cercare un riscatto personale”. Fa il fenomeno: “Con quattro manifesti e quindici comizi, ho convinto più gente di quanto immaginassi. Ho chiesto un confronto con gli altri sfidanti, ma nessuno se l’è sentita. Ho spessore politico, onestà intellettuale, tanto cuore. Sono apparso a lungo per quello che non sono”.
Il processo, che lo vede imputato con l’accusa di spaccio di sostanze stupefacenti, è ancora aperto a Roma. A puntare il dito contro di lui era stata Francesca Zenobi, una delle due escort in sua compagnia nella suite capitolina dell’Hotel Flora, quella notte tra il 27 e 28 luglio 2007. Lei finì in ospedale per un malore causato, probabilmente, dall’uso di cocaina. Lui venne incolpato di aver fornito la polvere bianca. “Sono sereno”, ribatte ora. Dopo dieci anni, invece, è uscito indenne dall’altra bufera che, nel 1999, quando era vicesindaco di Carovigno, portò al suo arresto per un presunto giro di mazzette in cambio di appalti e assunzioni. “Prosciolto per non aver commesso il fatto”, precisa. “L’accusa di corruzione, invece, è caduta in prescrizione”, si corregge da solo.
Eletto al consiglio regionale della Puglia tra il 2000 e il 2005, poi parlamentare con l’Udc, una carriera in ascesa. Forse. Se non fosse stato per quell’ “intoppo”. Da lì i guai giudiziari e le dimissioni dal partito di Casini, la chiusura della parentesi politica nazionale. Ha cercato la riabilitazione, ma non ce l’ha fatta. Né alle provinciali del 2009, a Brindisi, con Alleanza di Centro, né alle regionali del 2010 con Io Sud di Adriana Poli Bortone.
Ora ricomincia daccapo. Cita Oscar Wilde e Bob Kennedy nel suo programma elettorale, “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano il suo motto. A suo sostegno, sette liste civiche e uno staff, manco a farlo apposta, quasi di sole donne. Un nemico giurato: il sindaco uscente e attuale senatore Pdl Vittorio Zizza. “E’ un irriconoscente dal punto di vista politico e umano – sbotta – Ha mandato in fumo anche i miei investimenti personali fatti negli anni Ottanta nel settore turistico alberghiero”. Ma su questo proprio non vuole approfondire. Adesso denuncia brogli elettorali, con un esposto appena depositato in Procura, a Brindisi. “Delibere strane e illuminazione ad personam – spiega – Per vent’anni, fino al 2008, sono stato in consiglio comunale e non c’è stata cosa buona nella mia città che non sia passata dalle mie mani. Dopo, non s’è capito più nulla. Ecco perché mi hanno chiesto di tornare”. È corsa solitaria, la sua. Nessun partito alle spalle. Nessuna chiamata dai vecchi compagni di squadra. “I ponti sono stati recisi. La politica è così, pazienza. L’in bocca al lupo non me lo ha fatto neppure la Zenobi”.