Primo importante responso nel procedimento che aveva visto coinvolti 27 siti internet accusati di violare il diritto d’autore.
Il Tribunale del riesame di Roma ha infatti annullato il decreto di sequestro nei confronti del popolare Cyberlocker mondiale Rapidgator. L’attività di Cyberlocker, ovvero di stoccaggio di file di grandi dimensioni su Internet, particolarmente invisa alle grandi lobby del diritto d’autore, che ne vedono uno strumento per la violazione del copyright è, secondo il Tribunale di Roma, invece legittima.
Il portale Rapidgator.net, tra i leader mondiali nei servizi di archiviazione contro terzi ha infatti riportato una significativa vittoria di fronte al tribunale della libertà di Roma. Come si ricorderà i portali erano stati sequestrati preventivamente dal gip di Roma per la presenza di un file del film d’animazione: “Un mostro a Parigi”. Il sequestro era stato eseguito però con l’inibizione ai cittadini italiani attraverso i provider.
Il portale che solo in Italia aveva prima del blocco più di 80 mila utenti, e milioni di utenti in tutto il mondo, si era trovato dall’oggi al domani inibito dall’Italia e sommerso dalle mail e dalle lettere di protesta degli utenti inferociti.
L’ordinanza di annullamento del sequestro preventivo del portale Rapidgator.net costituisce senz’altro la prima del genere in Italia e tra le prime in Europa, in quanto sancisce la legittimità in linea di principio dei cd Cyberlocker. Il Tribunale ha ritenuto non presenti nel decreto di sequestro i requisiti della proporzionalità, gradualità ed adeguatezza della misura, necessari per confermare la stessa cautela reale.
In pratica l’oscuramento totale del sito attuato attraverso i provider è troppo invasivo.
Stabilisce in proposito l’ordinanza “ In primo luogo, se effettivamente la società Rapidgator offre, come dice, un servizio di Cyberlocker, il decreto oggi in esame ‘senz’altro di portata eccessiva rispetto al fine che intende perseguire”.
Per fare un esempio, è come se essendo stata rinvenuta, in ipotesi, all’interno di uno degli armadietti riservati ai singoli utenti di una struttura aperta al pubblico (come potrebbe essere una scuola, una palestra una piscina e simili), merce di provenirne furtiva, si decidesse di chiudere la struttura stessa, al fine di impedire la circolazione della refurtiva, laddove è di tutta evidenza che basterebbe cancellare l’iscrizione del titolare dell’armadietto, unico possessore della chiave di accesso.
Inoltre al documentazione difensiva parrebbe dimostrare ( salvo verifica del contrario) che la società ricorrente è vigilata dall’autorità statunitense sul copyright, particolarmente sensibile a tale tematica, come dimostrano le note vicende occorse al sito “emule”, di talchè, secopndo la ricorrente società, il fine di tutela dei diritti della società …………. Può essere perseguito “richiedendo la cancellazione del file in qualsiasi momento all’ufficio individuato dall’ente statunitense”, tentativo questo che, allo stato non risulta attuato. ( in neretto nell’originale dell’ordinanza ndr)
Il sequestro dunque può essere adottato a parere della Corte solo “quale unico rimedio all’indicata inefficienza di rimedi meno drastici. Sempre che risulti documentata e dimostrata l’incapacità della società ricorrente di reprimere le condotte tese a diffondere tale opera sul sito da essa gestito”.
Prosegue ancora la Corte “in definitiva con il presente provvedimento si dispone il ripristino dell’utilizzo del sito Rapidgator.net ai fini di archiviazione per conto terzi ( eventualmente anche a pagamento) posto che non è stato attuato, finora, alcun tentativo di ottenere la cancellazione dell’utente responsabile della violazione”.
La Corte ha in sostanza affermato il principio importante della necessaria previa attività sul sito che si ritiene violare il diritto d’autore, anche e soprattutto se tale sito si trovi all’estero, a prevalenza dell’azione diretta nei confronti dei provider.
Ciò in linea con i principi del resto espressi in maniera lineare dal Digital Millenium Copyright Act Statunitense, a cui pressoché tutti i Cyberlocker si richiamano. Importante anche l’equiparazione che la Corte fa di un Cyberlocker ( ovvero di un sito che “affitta” spazi a terzi) ad un luogo aperto al pubblico in cui ogni soggetto risponde di ciò che avviene all’interno dello spazio di propria competenza, mentre deve essere fornita la prova in ordine ad un eventuale concorso nell’illecito da parte del gestore dell’impianto.
L’annullamento riguarda il singolo portale perché lo stesso era stato l’unico ad impugnare il decreto di sequestro, avendo preferito gli altri portali adottare strategie di risposta differenti.
I portali italiani infatti in grande maggioranza, nonostante l’identificazione ad opera delle forze dell’ordine avevano preferito adottare strategie di modifica degli indirizzi web, mentre i giganti del web si erano sostanzialmente disinteressarti del nostro paese, abbandonando lo stesso.
Il sequestro permane su 26 dei 27 siti inibiti.