“Grazie Franca” è la frase di commiato più diffusa che ho sentito oggi, nel rendere omaggio a Franca Rame, da parte delle donne. Grazie. Per quella forza. Per quella dignità e per quel coraggio nel denunciare, raccontare, urlare e vomitare il dolore e l’affronto dello stupro subito. Grazie. Anche a nome di tutte quelle donne che non ce la fanno, sconfitte doppiamente da una violenza fisica e da una società che raramente le sostiene al cento per cento, come andrebbe fatto.
In un periodo atroce per il paese, in cui la miseria umana cresce anche a causa di quella economica, e un numero impressionante di omicidi ha come vittime donne colpevoli solo di essere donne, la voce di Franca Rame ci mancherà. Ma non il suo esempio.
In questo risveglio piovoso, segnato da una notizia così infinitamente triste penso, con gratitudine, a due cose. Prima di tutto al fatto che l’abominevole violenza commessa nei suoi confronti non ha ombrato né offuscato la capacità di Franca Rame di amare e di amare gli uomini. Il suo Dario, suo figlio Jacopo, gli amici. Amore e passione. Non sale su una ferita ma salvezza e risurrezione. E penso a mio padre e al giorno che mi raccontò la storia di Franca. In quel giorno, esattamente in quel giorno, sono diventata donna ed è morta dentro di me ogni remota possibilità di considerare il fascismo, in qualsiasi sua forma, un’espressione di civiltà.