Il punto di partenza (e di conferma) è l’astensionismo alle elezioni amministrative. Il punto di caduta è la modifica della legge elettorale e soprattutto le riforme costituzionali. Il limite di tempo è quello già annunciato: 18 mesi. Le modalità sono quelle che dovrebbero andare a toccare il cuore della Costituzione, in particolare l’articolo 138. Il canovaccio è quello del presidente del Consiglio Enrico Letta che al Senato ha illustrato il percorso, sostenuto dalla maggioranza delle larghe intese, che il governo vuole incardinare in Parlamento. E’ un impegno preso davanti a Giorgio Napolitano quando gli è stato chiesto di rendersi disponibile per un secondo mandato al Quirinale, dice Letta, ma è anche la partita su cui si gioca la credibilità delle istituzioni e quindi di fermare l’emorragia, di tamponare la scollatura tra politica e cittadini. Una linea approvata anche da Senato e Camera: a Palazzo Madama l’ok è arrivato con 224 sì, 61 no e 4 astenuti, a Montecitorio con 436 voti a favore, 134 no e otto astenuti. La mozione impegna il governo a presentare entro giugno un disegno di legge costituzionale che preveda una procedura straordinaria per la riforma della Costituzione, in particolare rispetto all’attuale articolo 138 e cioè il lavoro preparatorio di un Comitato di fatto composto dai componenti delle commissioni Affari costituzionali cui delegare poteri referenti per l’esame dei progetti di revisione dei titoli I,II, III e V della seconda parte della Carta costituzionale.
“L’astensionismo è un drammatico campanello d’allarme”
Le comunali, spiega Letta a Palazzo Madama, sono l’ulteriore conferma del “drammatico distacco dalla politica: lì c’è stato un drammatico campanello d’allarme per la troppo bassa partecipazione al voto”. E’ inaccettabile, aggiunge, che in una città come Roma solo un cittadino su due abbia votato e questo deve “porci il problema”. L’avvio di un percorso di riforme strutturali per il Paese “arriva in un momento essenziale e di svolta” secondo il capo del governo che dice di rivolgersi anche alle opposizioni: “Sappiano che la nostra volontà è piena e completa perché questo percorso coinvolge tutti perché tutti siamo stati toccati dal voto di domenica e lunedì e non possiamo limitarci a rinfacciarci a chi sia stato toccato di più o di meno, se è stato toccato chi è più vecchio o chi è più nuovo: è l’intero sistema ad essere stato coinvolto”. Nell’avvio del percorso di riforme c’è la risposta giusta da dare: “Oggi siamo qui a dare immediato seguito e applicazione all’impegno preso nel momento in cui si è chiesto a Napolitano di essere rieletto”.
“Ci giochiamo la credibilità delle istituzioni”
Quindi va rispettato l’impegno preso con Napolitano che “chiese al Parlamento di esprimersi con il linguaggio della verità legato alla necessità non rinviabile, con la crisi drammatica della politica. Non è immaginabile che si continui facendo finta di niente che si finga di fare le riforme, di litigare sulle riforme da fare non combinando nulla”. Sulle scelte che si faranno, insiste, “ci giochiamo la credibilità delle istituzioni nei confronti dei cittadini”. Il processo di riforme “iniziato il 22 aprile scorso”, prosegue Letta, ci pone davanti “ad un’occasione storica da cogliere assolutamente e che possiamo cogliere perché è alla nostra portata”. Una strada che può portare a una “maggiore capacità di decisione e rappresentatività alle nostre istituzioni” anche in chiave europea. Essere “capaci di decidere è il primo tema all’ordine del giorno”. Secondo Letta “abbiamo bisogno di istituzioni che decidono più rapidamente è questo l’obiettivo principale è una delle principali riforme strutturali per rendere il nostro Paese in grado di decidere, rafforzando la qualità della nostra democrazia che ha visto i nostri cittadini dare giudizi severi anche a noi”.
Il presidente del Consiglio parla di “dovere necessario” dopo i diversi segnali che hanno dato i cittadini italiani e le numerose occasioni perse in molti anni. “Va ridata credibilità alla politica” afferma. Le modifiche sono necessarie dal più banale degli elementi, come i regolamenti parlamentari: “Non sono tema del governo, ma sappiamo come i regolamenti così antichi rendano complesso il lavoro moderno. Sappiamo che molto del lavoro fatto nella scorsa legislatura dal senatore Schifani è in grado di essere parte integrante dei contenuti di questo percorso riformatore. Sono convinto che sia un obiettivo alla portata di tutti noi, non si più scherzare”.
Disegno di legge del governo entro giugno
Secondo il dispositivo della mozione di maggioranza depositata a palazzo Madama dove è iniziato il dibattito sulle riforme costituzionali il governo sarà impegnato a “presentare alle Camere, entro il mese di giugno 2013, un disegno di legge costituzionale, che in coerenza con le finalità e gli obiettivi indicati nelle premesse, preveda, per l’approvazione della riforma costituzionale, una procedura straordinaria rispetto a quella di cui all’articolo 138 della Costituzione, che tenda a agevolare il processo di riforma, favorendo un’ampia convergenza politica in Parlamento”. Il disegno di legge prevede la costituzione del Comitato dei 40 (20 senatori e 20 deputati).
La Costituzione è la più bella, ma va cambiata
La Costituzione è la più bella, ma va cambiata, secondo Letta: “Noi abbiamo la più bella Costituzione – dice – Abbiamo la Carta più robusta, ma nonostante che abbia retto bene dobbiamo cambiarla oggi rispetto alle esigenze della nostra società”. E fissa di nuovo il limite di tempo: “E’ molto importante che ci sia con chiarezza il senso dell’urgenza e quindi il senso del tempo. Non si può cominciare oggi un percorso dai tempi indefiniti. Servono tempi certi, 18 mesi per me sono un tempo giusto”. Nei prossimi 18 mesi “deve terminare un percorso di riforme complesso – lo sappiamo tutti – che però devono trovare una forte determinazione da parte nostra per fare bene e fare presto e far funzionare le istituzioni con un nuovo passo e una democrazia rinvigorita. Questa può essere la legislatura costituente, finalmente”.
Legge elettorale, “non possiamo permetterci divisioni”
In questo processo entrano anche le modifiche della legge elettorale: “Sarà parte fondamentale del processo di riforme perché l’attuale legge non è giusta per le esigenze. Va cambiata ma sappiamo che dobbiamo far sì che sia un percorso fatto insieme con larga condivisione. Non possiamo permetterci di arrivare con contrapposizioni. Divisioni o maggioranze strette non possono sporcare o rendere meno efficace il lavoro che stiamo facendo” per arrivare alla modifica della legge elettorale. Intanto però il governo dirà no alla mozione Giachetti per il ritorno al Mattarellum.