Tre giovani Femen europee che mostrano i seni nudi per protesta nel centro di Tunisi, davanti al Palazzo di Giustizia – immediatamente fermate dalla polizia – sono l’episodio più eclatante della imprevista radicalizzazione della vicenda che ha coinvolto Amina, la ormai nota 19enne tunisina che fa parte del gruppo femminista. La protesta delle Femen a Tunisi segue la decisione della magistratura di rifiutare la libertà provvisoria alla ragazza, e precede di un giorno la prima udienza del processo ad Amina, che si terrà domani mattina a Kairouan. Importanti misure di sicurezza accompagnano l’udienza. Ma andiamo con ordine.
La fase due della vertenza tra Amina e lo status quo tunisino è radicata nei condizionamenti locali, piuttosto integralisti, della magistratura di Kairuan, che per competenza territoriale si è occupata della apparizione della ragazza nel luogo e nel momento dell’appuntamento salafita proibito dal governo, domenica 19 maggio. Mentre i militanti di Ansar el Sharia erano di fatto costretti a rinunciare all’appuntamento, si materializzava Amina, giunta inosservata perché con la testa coperta da un velo. Non ha fatto altro che scrivere Femen sul muretto esterno del cimitero ed è stata – bonariamente, appare dai video – attorniata da alcuni poliziotti che l’hanno accompagnata via mentre vari uomini presenti, si presume salafiti, la insultavano.
Quando sono state smentite le voci secondo le quali Amina si era spogliata, l’ipotesi data per probabile – per esempio dalla avvocata femminista Bochra Beladji – era quella che Amina sarebbe stata rilasciata dopo poche ore, o al più tardi al momento in cui bisogna convalidare o no il fermo. Due giorni dopo invece la detenzione di Amina nel carcere femminile di Sousse veniva confermata dal giudice di Kairuan, con accuse e ipotesi di reato che andavano dal possesso di una bomboletta spray all’imbrattamento di cimitero. Assente percé impegnata all’estero Bochra Beladj, Amina era senza difensore, l’ associazione Donne Tunisine esitava a impegnarsi ( non condivide i metodi delle Femen).
E’ stato un avvocato trentenne senza precedenti esperienze di processi “politici” a presentarsi volontario, Souaid Bahri. Incoraggiato dall’estero dalla regista Nadia El Fani che con un gruppo di donne intellettuali tunisine e francesi ha lanciato un appello su Awaaz per la scarcerazione di Amina. In Francia le giornaliste di Marianne, particolarmente in contatto con Amina, intanto pubblicavano una loro ricostruzione della vicenda secondo la quale Amina avrebbe deciso la “azione” di Kairuan anche perché le autorità stavano ostacolando l’emissione del suo passaporto, necessario per andare in Francia a usufruire della borsa di studio ottenuta grazie alla pressione di gruppi femminili francesi.
Un’amica italiana di Amina – interpellata dal fattoquotidiano.it – e l’avvocato non confermano la difficoltà sul passaporto, anzi pensavano che l’espatrio di Amina fosse imminente. E ancora dopo la prima conferma del mandato di cattura l’avvocato Bahri, tre giorni fa, ci diceva: “Presento istanza di libertà provvisoria e conto che venga accolta, non ci sono accuse serie nei suoi confronti”. Nel frattempo si facevano sentire , in forme e modi assai dissonanti, anche i genitori di Amina. La madre per ribadire in un’intervista che la figlia non è sana di mente, è influenzata ed influenzabile. Il padre, invece, per ribadire il suo affetto per la figlia (“anche se si spogliasse del tutto”) e per far notare che a Kairuan non ha fatto nulla e non merita di essere perseguitata. La risposta sull’istanza di scarcerazione doveva arrivare prima dell’appuntamento di giovedì mattina a Kairuan e indipendentemente da esso. Ed è stata una doccia fredda per chi pensava che si andasse verso la soluzione più saggia. Ma intanto le Femen si erano preparate al peggio e avevano spedito a Tunisi due ragazze francesi e una tedesca, molto coraggiose. Si sono spogliate davanti al palazzo di Giustizia davanti a giornalisti e cameraman avvisati poco prima. Alcuni passanti e avvocati islamisti se la sono presa coi giornalisti, quattro dei quali sono stati trattenuti dalla polizia per qualche ora. Ora l’appuntamento è al processo di domani a Kairuan.