“Tutte le principesse Disney devono essere belle, mentre io sono una disegnatrice che adora il grottesco. Adoro il grasso, il disarmonico, l’imperfetto. Una mia principessa non passerebbe mai”, dice ridendo Elisabetta Melaranci, classe 1977, affermata fumettara italiana che lavora per Disney da più di tredici anni. Ha i capelli rossi e viola, “un carattere notevole” come dice lei, e in arte si chiama ‘Tsunami‘. Elisabetta disegna da sempre. Non le è mancata la gavetta. Dopo i primi lavori per ‘Eura editoriale’ e ‘Magic press’ a 21 anni ha vinto le selezioni per entrare alla Disney academy di Milano. Superato un corso intensivo le hanno detto che aveva due possibilità: gli “standard character” – Topolino, Paperino, Pippo e gli altri – e i “classici” – i personaggi dei film d’animazione Disney.
“Io non credo di aver mai disegnato un topolino in vita mia. Quindi quando si è trattato di scegliere mi sono buttata sui personaggi dei film. E mi è andata bene. Ho iniziato a lavorare molto presto perché in Italia c’era bisogno di qualcuno che disegnasse quei personaggi”. Impegno, talento e tenacia sono doti necessarie in un settore, quello del fumetto, in cui la parità di genere è ancora distante. “C’è un rapporto di schiacciante disparità, non è possibile nemmeno fare una proporzione. Le donne sono pochissime”.
Nel 1938 Disney rifiutò la candidatura di Mary V. Ford al ruolo di disegnatrice, motivando: “Le donne non fanno lavori creativi nella preparazione dei cartoni per il grande schermo, quello è un lavoro riservato a giovani uomini“. Chi ha firmato la lettera, pubblicata online dal nipote di Mary, spiega inoltre che le uniche posizioni aperte alle donne sono per i ruoli di inker o painter ma le possibilità “sono davvero poche se paragonate al numero di donne che inoltrano la domanda”. Elisabetta commenta: “Molti la pensano ancora così. Poi, siccome sarebbero duramente criticati, nascondono il loro pensiero e fanno un po’ i progressisti. Ma tanti pensano ancora che la donna non sia creativa quanto l’uomo”.
Elisabetta però è ottimista. “Ho sempre pensato che questo fosse un lavoro meritocratico. Puoi anche partire con mille preconcetti ma alla fine carta canta. Se sei bravo lavori comunque ”. Lei, per Disney, disegna soprattutto principesse. Conosce i film da cui sono tratte praticamente a memoria. “Tutti i nomi dei personaggi, tutti i fondali, le scene, tutto quello che succede e il minuto esatto in cui succede. E tutto questo è successo, non perché avessi un particolare amore verso le principesse, ma lo stile di disegno Disney mi è sempre piaciuto”.
Parlando della recente polemica che ha investito la Disney per il restyling sexy del personaggio di Merida (la principessa del film “Ribelle – The brave” uscito in Italia nel settembre 2012, sulla quale Elisabetta ha realizzato alcuni libri, ndr) Elisabetta ha le idee chiare: “Hanno semplicemente sbagliato. Merida doveva essere lasciata così com’era. Sono d’accordo con la regista Brenda Chapman. Però bisogna riconoscere che il modello 3d e il nuovo disegno non differenziano poi tanto, roba di millimetri. Ma quei millimetri a cui giustamente le persone hanno fatto caso. Anche perché Merida aveva l’arco, aveva le frecce. Le hanno levato tutto e messo il vestito coi brillantini, la vita piccola e la scollatura. Poi, pensando al brand per cui è stato presentato il disegno (merchandising e marketing), bisogna riconoscere che anche le altre ‘Disney princess’ si differenziano dal loro modello originale. Secondo me, tra l’altro, in peggio. È un trattamento riservato a tutte, non solo a Merida”.
Dalle mani di Elisabetta Melaranci non prendono vita solo damigelle glitterate. Tra gli schizzi, le illustrazioni e i progetti per diverse case editrici si trovano bambini imbronciati e coppiette agée, donnine grasse, fidanzate strambe, delicati fiori e uccelli orientali e deliziose donnine fungo. “I miei personaggi sgraziati piacciono a tutti, uomini e donne. A tantissime donne piacciono le mie donnine grasse. Secondo me si sono stancate del solito modello che ci viene riproposto ovunque. Sembra che tutte stiano facendo una gara d’anoressia! Vedere ogni tanto un’alternativa non dispiace».