Nessun decreto nel Consiglio dei ministri di venerdì. Esposito scrive al premier che il polo siderurgico è una "nave senza noccheri in gran tempesta", dopo le dimissioni di 34 fra tecnici, ingegneri capi e dirigenti. Vendola: "La proprietà non è affidabile"
E’ ancora presto per risolvere l’intricato caso dell’Ilva di Taranto. Il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, ha avvertito che non ci sarà un decreto nel Consiglio dei ministri di venerdì, al termine dell’incontro, a palazzo Chigi, fra governo e parti sociali. Una riunione in cui “è emersa una unità di intenti per assicurare risanamento ambientale e continuità produttiva”, ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, ma in cui il governo – hanno riferito i sindacati – non ha “delineato una soluzione determinata e univoca”, assicurando che arriverà prima del 5 giugno, quando è convocata l’assemblea dei soci dell’azienda, dopo le dimissioni del cda di sabato scorso.
Il giorno del provvedimento “più efficace”, che sarà “nel rispetto delle decisioni della magistratura” ha spiegato Patroni Griffi, potrebbe essere martedì prossimo, 4 giugno, quando il premier Enrico Letta riferirà alla Camera sulla crisi dell’Ilva, come richiesto stamattina dai parlamentari pugliesi del Pdl. Dunque, martedì potrebbe essere convocato un Cdm straordinario per il via libera al decreto. I giuristi stanno cercando la forma migliore per integrare la legge 231 (cosiddetta “salva Ilva”), che imponga le misure di risanamento contenute nell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale), visto che dalle ispezioni è emerso che la proprietà non le ha applicate tutte come prescritto. La legge evoca il commissariamento, ha detto Orlando, ma “non è ben definito”.
Un “commissariamento temporaneo dei vertici limitato all’attuazione dell’Aia” è la richiesta del garante dell’attuazione dell’Autorizzazione, Vitaliano Esposito, che in una lettera al premier Letta e ai ministri Flavio Zanonato (Sviluppo economico), Orlando e Beatrice Lorenzin (Salute), spiega che oggi il polo sigerurgico è una “nave senza nocchieri in gran tempesta”, dopo le dimissioni di 34 fra tecnici, ingegneri capi e dirigenti perché, dicono, non ci sono più le condizioni per andare avanti dopo il decreto di sequestro di beni della Riva Fire, la società che controlla l’acciaieria, sino ad un massimo di 8,1 miliardi, firmato dal gip di Taranto Patrizia Todisco.
La soluzione allo studio, ha confermato Zanonato, è un commissario unico o un commissario ad acta per il risanamento, con l’azienda che continua a gestirsi. Ma la strada di un commissario non piace al Pdl e anche se limitato al solo risanamento ambientale dovrebbe essere concordato con l’Ilva. E non piace anche a Confindustria, che chiede che la gestione resti in mano agli imprenditori oppure ai loro rappresentanti. I sindacati avvertono che la tensione sta salendo e chiedono la piena applicazione della legge dicendosi anche favorevoli al commissariamento, purché siano tutelati posti di lavoro, salute e ambiente.
Per il commissariamento si schiera invece il governatore della Puglia, Nichi Vendola, perché “la proprietà non è stata un interlocutore affidabile” ed “è difficile immaginare che chi ha operato per conto della famiglia possa operare per conto dello stato nel commissariamento”. Il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, infine, ribadisce che “il sequestro dei beni e dei conti correnti rende molto difficile realizzare gli investimenti che possano dare attuazione all’Aia e rende più difficile alimentare l’attività quotidiana dello stabilimento”.