Sembra che l’Europa goda a farsi del male. In realtà, il pasticciaccio brutto scaturito dalla riunione dei ministri degli Esteri Ue sulla Siria, dimostra, ancora una volta, l’inesistenza di un’Europa politica nonostante l’esistenza di un “altro incaricato” unitario in ambito internazionale: la baronessa inglese Catherine Ashton.
Dopo quasi 13 ore di consiglio, sono state rinnovate per un anno tutte le sanzioni economiche contro il regime di Bashar Assad. Ma c’è un problema, e assai grave: si è lasciata all’arbitrio dei singoli Stati membri proprio la decisione più cruciale e contrastata. Cioè se inviare o meno armi pesanti ai gruppi di insorti del composito fronte anti Assad. Dopo la maratona di Bruxelles, guarda caso, Londra, che chiedeva da mesi di eliminare l’embargo sulle armi, può cantare vittoria, anche se per ora risulta agli atti un impegno a non fornire concretamente nulla almeno fino ad agosto. L’Ue non è riuscita dunque a trovare un compromesso tra la larga maggioranza, con Italia, Francia e Germania in testa, che chiedeva l’applicazione della cosiddetta “opzione 3“: ovvero una soluzione intermedia fra la “linea dura” britannica e quella “pacifista” sostenuta da Austria, Finlandia, Romania.
Duro il commento del ministro Bonino, che ha definito “non glorioso” l’esito del meeting. Bonino ha poi ribadito che la Conferenza di Ginevra 2, prevista, in teoria, per la fine del mese, “non è scontata”. Anzi, la vede allontanarsi dopo la decisione Ue che ha permesso alla Russia – alleata di Assad assieme all’Iran – di mettere in forse per l’appunto la realizzazione della conferenza in Svizzera. E sempre la rivitalizzata potenza, che oggi sarà presente con la Cina a Tehran per discutere il dossier siriano, ha risposto alla Ue promettendo il trasferimento all’esercito fedele ad Assad del sofisticato sistema di difesa antiaereo S-300. Definito dai russi “stabilizzante” ma considerato molto pericoloso da Israele, che ha subito risposto: “Se avverrà, sapremo cosa fare” mentre continua a monitorare l’eventuale passaggio di armi sofisticate e chimiche dal regime di Assad all’alleato libanese Hezbollah.
I ribelli dell’esercito libero siriano hanno nel frattempo intimato al leader sciita del “partito di Dio” (traduzione di Hezbollah) Nasrallah e ai suoi miliziani di smettere di combattere in Siria al fianco di Assad, altrimenti il Libano verrà considerato territorio di guerra. Di avvertimenti ce ne sono già stati: tre giorni fa, due razzi hanno colpito i quartieri a sud di Beirut, controllati da Hezbollah e ieri ne sono caduti 3 sui villaggi libanesi al confine con la Siria.
il Fatto Quotidiano, 29 Maggio 2013