“Giovani Italiani Bruxelles” è un gruppo di under 30 che chiede alla politica di adottare misure urgenti contro la disoccupazione. Un quinto delle domande per i tirocinii nell'Unione europea, pagati intorno ai mille euro, viene dall'Italia. "Partire sta diventando un obbligo, non più una scelta"
Essere disoccupato per molti giovani italiani ormai è lo status quo. Lo sa bene chi è scappato a Bruxelles, la nuova capitale d’Europa, in cerca di lavoro, di uno stage o semplicemente di una boccata d’ossigeno. Basta guardare le statistiche delle ultime domande fatte per uno stage nelle istituzioni europee a marzo 2013: una su cinque è italiana. E di Paesi nell’Ue ce ne sono 27, quasi 28 con la Croazia che farà il suo ingresso il 1 luglio. Ecco che un gruppo di giovani del Belpaese cerca di farsi sentire direttamente nel cuore di quelle istituzioni. Si chiamano “Giovani Italiani Bruxelles” e sono un gruppo spontaneo e apartitico nato lo scorso gennaio a Bruxelles su iniziativa giovani under 30 con esperienze diverse e un obiettivo comune: fare qualcosa per i loro coetanei rimasti in Italia dove, qualcuno di loro, spera un giorno di poter tornare.
Mercoledì hanno organizzato un incontro al Parlamento europeo con due eurodeputati italiani, Sergio Cofferati (Pd) e Niccolò Rinaldi (IdV) per parlare concretamente delle misure da suggerire al governo italiano per alleviare la piaga della disoccupazione giovanile. Sì perché a Bruxelles molti ci vengono per scelta, ma qualcuno per costrizione. Le ultime domande di stage nelle istituzioni comunitarie parlano chiaro: dall’Italia è fuga di massa. Su un totale di 10.747 domande ben 2.535 sono italiane, praticamente il 20%. A far gola è anche lo stipendio, visto che si tratta di stage retribuiti tra i mille e i 1200 euro al mese per cinque mesi (praticamente uno stipendio da lavoratore italiano) ma soprattutto la possibilità di inserirsi in una realtà lavorativa dove qualifiche e qualità personali valgono davvero qualcosa. Parte di questi ragazzi resta infatti a lavorare a Bruxelles, nelle istituzioni stesse o nel mondo delle lobby e ong che gravita intorno.
“In Italia più di un giovane su tre è senza lavoro. L’emigrazione giovanile è aumentata del 30% solo nel 2012. Partire sta diventando un obbligo, non più una scelta”, scrivono nella lettera aperta indirizzata al governo italiano e presentata all’incontro di mercoledì, Daniel Puglisi, 28 anni, e Francesca Romana Minniti, 26, cofondatori del gruppo. “Questi ultimi anni di scandali, corruzione e clientelismi hanno portato via al Paese la sua risorsa più importante: la fiducia nel futuro”, incalzano i ragazzi. “Questa non si conquista solo con le parole o le promesse, ma soprattutto con i fatti. Per questo servono politiche concrete, misure urgenti e una strategia a lungo termine per l’occupazione in Italia”.
Un’occasione per cambiare le cose potrebbe essere la “Garanzia Giovani” approvata dal Consiglio europeo nei mesi scorsi e della quale si parlerà nuovamente alla prossima riunione dei capi di Stato e di governo di giugno a Bruxelles. Questa garanzia prevede che tutti i giovani sotto i 25 anni abbiano diritto ad un’adeguata offerta di lavoro di qualità, una formazione o uno stage entro quattro mesi dalla fine dei propri studi. Per favorire il piano, l’Ue ha stanziato 6 miliardi di euro, pochi a fronte di 28 paesi membri che in molti casi avvertono la gravità del problema. Ma questa è la cifra che i governi nazionali hanno messo a disposizione. Cinque le priorità del governo italiano secondo il gruppo Giovani Italiani Bruxelles: investimento nell’istruzione e nella ricerca, migliore formazione e accesso al mercato del lavoro, incentivi ad assumere i giovani, migliore accesso al credito e riforma del diritto di voto per i giovani all’estero. Propositi sacrosanti che adesso devono trovare riscontro nei fatti di chi prende le decisioni. Enrico Letta in conferenza stampa dopo il suo debutto europeo il 22 maggio ha ribadito l’intenzione dell’Italia ad affrontare il problema. Adesso si aspettano i fatti.