Quando hanno cominciato a contarsi non stavano sulle dita di una mano, ora sono un gruppo che cresce sempre di più. Gli amareggiati tra gli eletti del Movimento 5 Stelle sono tanti e la rottura con il loro leader non è mai stata tanto vicina. Basta non chiamarli dissidenti, perché loro dal Movimento non hanno nessuna intenzione di andarsene. Aris Prodani, deputato del Friuli Venezia Giulia, è l’eletto che ha avuto il coraggio di criticare Grillo sull’attacco a Rodotà e non ha paura di chiamare i problemi con il loro nome: “Io non me la prendo con Beppe, io dico quello che penso. Sono in Parlamento per agire e pensare in autonomia seguendo le indicazioni dei miei elettori. Se non è più così allora devo farlo presente a chi mi ha votato e spiegargli che le cose sono cambiate, ma sinceramente spero di no”.

Il gruppo in Parlamento è tormentato, ma in questione secondo il deputato friulano non ci sono la democrazia interna o il controllo dall’alto. “Beppe Grillo ci conosce poco e non è in contatto con il gruppo. A volte fa dei commenti su di noi che ci lasciano a bocca aperta. Noi qui lavoriamo giorno e notte e ce la stiamo mettendo tutta, ma se non lo sa lui che è la prima persona che ci dovrebbe tutelare, è grave”. Il deputato di Trieste mette in discussione la distanza tra il leader e i suoi parlamentari: “Quando ci siamo incontrati ad aprile per la ‘gita’ in campagna, ci ha detto che ci saremmo visti di più, ma poi a Roma è venuto due volte. E nell’ultima occasione abbiamo parlato solo di diaria e scontrini. Il risultato è stato un articolo in cui ci accusava di voler fare la cresta: è una cosa fuori da ogni grazia di Dio, qui nessuno è entrato in politica per guadagnare”.

Attivista da cinque anni del Movimento 5 Stelle, Prodani ha cominciato interessarsi di politica come rappresentante d’istituto nella scuola dei figli. Parla di un futuro migliore da lasciare in eredità e di un impegno a cui ha dedicato tutta la vita. “Quello che vorrei far capire è che dopo cinque anni di attivismo nei 5 Stelle, io piuttosto che entrare in un altro partito torno a casa”. Così, sostiene, gli altri critici del gruppo. E i nomi dei critici ormai li conoscono tutti: Adriano Zaccagnini, Walter Rizzetto, Tommaso Currò, Alessio Tacconi, Francesco Campanella, Lorenzo Battista e Mara Mucci, solo per citarne alcuni. “Noi non andiamo da nessuna parte. Non è che perché diciamo la nostra opinione allora siamo automaticamente dentro il Partito Democratico o stiamo per allearci con Civati. Ci confrontiamo sulle idee e parliamo con tutti. E’ il motivo per cui siamo stati mandati in Parlamento, se non sbaglio”.

Prodani racconta serenamente di un disagio che riguarda tanti dentro il gruppo, in quella che definisce una situazione “eterogenea”. Senza bisogno di tirare in causa incontri in stile carbonaro: “La stampa parla tanto di una cena di dissidenti, ma a mangiare fuori tutti insieme ci andiamo ogni sera. E capita che parliamo di quello che non ci va bene, perché non dovrebbe essere così? Non abbiamo nessun tipo di strategia e non siamo in contatto con altri partiti, semplicemente ci confrontiamo e cerchiamo di trovare soluzioni. Pensiamo con la nostra testa e questo mi sembra un valore aggiunto”.

La voglia è quella ancora di lavorare per il gruppo, dice Prodani, pensando al futuro e a come imparare dai propri errori. Anche per quanto riguarda le alleanze: “In passato sono stato contrario alla fiducia a un governo Bersani. Adesso penso che se le larghe intese fallissero, dovremmo ragionare meglio sulle alternative e discuterne in assemblea”.

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