Telecom Italia è pronta a scorporare la rete e una delle conseguenze collaterali del complesso iter di separazione, sarà anche l’ingresso indiretto nel progetto Metroweb per la diffusione della fibra ottica in Italia, che oggi copre solo il 10% del territorio nazionale. E che oggi rappresenta il business più interessante per gli operatori telefonici, nonostante se ne parli a vuoto – o quasi – già da alcuni anni, con interessanti prospettive di investimento – mai diventate promesse – e l’annuncio di tempi di realizzazione troppo diluiti. Eppure secondo tutte le stime occupazionali, il settore della banda larga, come ha spiegato Antonio Catricalà, può essere un “volano per l’economia in grado di creare più di 200mila posti di lavoro”. In più, secondo la Cgil, “l’attivazione di 1000 utenze di banda larga genera secondo gli studi 80 posti di lavoro”. Non solo. Gli esperti del settore al fattoquotidiano.it spiegano che l’indotto per portare la fibra in 100 città italiane, in cui vive circa il 30% della popolazione, potrebbe portare lavoro a oltre 20mila persone. E farla arrivare nelle principali 8 città italiane (Torino, Milano, Bologna, Genova, Roma, Napoli, Palermo e Bari) può dare impiego a 5mila persone e richiede circa 1,7 miliardi di euro di investimenti. Molto meno rispetto alle cifre ipotizzate fino a oggi.
Intanto sul piano annunciato da Telecom per lo scorporo di una parte dell’infrastruttura ci sono però più dubbi che certezze. Innanzitutto le domande che riguardano la natura e l’entità dell’investimento della Cassa depositi e prestiti. Allo stato attuale, il potenziale costo per la Cassa oscilla tra 1,6 e 4 miliardi di euro a seconda che l’asset – un’infrastruttura di rame non certo nuova – venga valutato 8 o 16 miliardi di euro. La cifra dipende anche dalla fetta della costituenda società della rete che verrà comprata dal gruppo pubblico che gestisce i risparmi postali degli italiani e la forchetta 1,6-4 miliardi si basa su un’ipotetica quota del 20-25%, ma secondo l’agenzia americana Bloomberg la partecipazione statale potrebbe salire al 30 per cento.
Il nodo della valorizzazione farà discutere anche perchè attorno a questo ruota il peso che avrà Telecom nella futura società della rete nella quale Cdp è candidata a entrare a separazione ultimata attraverso il Fondo Strategico Italiano e, assieme al fondo F2i di Vito Gamberale, a partecipare mettendo la propria quota in Metroweb. Azienda, quest’ultima, che per sviluppare la fibra con velocità a 100 megabit nelle principali trenta città italiane ha già previsto 4,5 miliardi di investimenti. Il totale per la copertura nazionale sarebbe di 15 miliardi secondo l’Agenda digitale del Ministero dello Sviluppo economico. Una cifra necessaria per centrare gli obiettivi indicati da Bruxelles e collegare il 100% dei cittadini a 30 Mbps e il 50% a 100 Mbps. Il tutto proprio mentre la stessa Telecom Italia, come trapelato alla vigilia del cda che ha deciso lo scorporo, secondo Bloomberg intende pianificare un investimento decennale da 10 miliardi di euro in fibra ottica nella linea fissa.
Ma è opportuno acquistare una rete in rame per lo sviluppo della fibra ottica? Quello che comprerà la Cdp, secondo Cristoforo Morandini dell’Osservatorio banda larga, è solo “parzialmente funzionale”. Infatti, spiega, “non è chiaro se Metroweb compra solo i cavidotti e, come ha fatto fatto in passato, sostituirà interamente la vecchia rete con la fibra ottica. O se, al contrario, continuerà a procedere come hanno sempre fatto Telecom e Fastweb, con i cavi di rame dall’armadio grigio fino alle case, sostituendo con la fibra solo il tratto precedente”. Domande fondamentali per capire di che tipo di investimento si parla in queste ore. Ma alle quali nessuno, tra Telecom, Cdp e Metroweb, ha dato una risposta.
Eppure l’effetto moltiplicatore degli investimenti sul Pil non sono calcolati su un generico implemento della banda larga, ma sull’installazione della fibra. La sua diffusione, secondo la Commissaria europea per l’Agenda digitale Neelie Kroes, potrebbe valere un aumento dall’1 all’1,5% del Pil. Ancora più sensibili le stime elaborate dall’osservatorio “I costi del non fare” di Andrea Gilardoni della Bocconi di Milano, secondo cui la fibra vale ogni anno fino al 2030 il 3% del Pil. Per quanto riguarda invece i dati sull’occupazione, il segretario della Cgil Claudio Di Berardino ha dichiarato che “l’attivazione di 1000 utenze di banda larga genera secondo gli studi 80 posti di lavoro, mentre ogni 10% di aumento della penetrazione nel territorio, il Pil cresce di un punto percentuale”.
Fibra ottica, costi e realizzaione – Alcuni esperti del settore al fattoquotidiano.it spiegano quanto costerebbe coprire con la fibra ottica il territorio nazionale o, almeno, le principali città dove risulta essere un investimento funzionale ed economico. Si tratta di stime medie per individuare l’ordine di grandezza di investimenti e ritorno occupazionale. Nelle città in cui la densità delle popolazione è alta, il costo per realizzare un metro si avvicina ai 50 euro, e può aumentare fino a 100 nel caso si tratti di un terreno difficile su cui intervenire. Di quei 50 euro (che acquisiamo come base per i nostri calcoli, ndr), il 20% rappresenta il costo dello scavo e della fibra, mentre l’80% è la retribuzione del lavoro (40 euro). Ponendo che un metro si realizza in un’ora, sono necessari 40 metri, con altrettante ore di lavoro, per portare la fibra in un edificio.
Se prendiamo in considerazione le principali città italiane in cui Metroweb, ad esempio, ha deciso di portare la banda ultralarga (Torino, Milano, Bologna, Genova, Roma, Napoli, Palermo e Bari) coprendone il 70-80%, si tratta di circa 200mila edifici da 10 unità immobiliari. Il costo si aggira intorno 1,7 miliardi euro e la costruzione dell’infrastruttura crea lavoro per 5mila persone. Nell’ipotesi invece di copertura di 100 città, per raggiungere il 30% della popolazione, la rete potrebbe essere realizzata oltre 20mila persone nel giro di 3 anni (se sviluppo del progetto e discussione a livello amministrativo approvati). Ancor più realistico portarla nello stesso tempo in 30 città, dove si concentra il fulcro produttivo del Paese, che corrispondono al 20% della popolazione, ovvero 700mila edifici (5,5 milioni di unità immobiliari) per 4,4 miliardi di investimenti. E dare così lavoro a 16mila persone.
Ad allungare i tempi e le fasi di realizzazione sul territorio, però, intervengono gli operatori, troppo incerti sui ricavi nonostante il trend di acquisizione della banda larga sia in crescita e la mancanza di un approccio culturale che spinga a investire per creare la domanda, anziché aspettarla. Proprio come è accaduto per l’autostrada del Sole. La prima azienda a caldeggiarne la realizzazione è stata la Fiat, certa che l’infrastruttura avrebbe aumentato la vendita delle auto. E così è stato: gli italiani, viste anche le crescenti possibilità economiche, volevano viaggiare e spostarsi più rapidamente. La stessa logica oggi vale anche per la fibra ottica: se fosse implementata su scala nazionale, come è successo in Australia, Corea del Sud e Giappone, gli utenti sarebbero invogliati a utilizzarla perché offrirebbe servizi migliori incrementando la qualità e la velocità di trasmissione dei dati.