Oggi alle ore 11 al Teatro Strehler di Milano si terrà il funerale laico di Franca Rame, che aveva espresso il desiderio prima di morire di avere tante donne ad accompagnarla e vestite di rosso.
Questa era Franca.
L’ho vista a teatro innumerevoli volte.
Io non ho un percorso politico da raccontare e non ho un ricordo di lei solo come attivista di sinistra.
A me di Franca colpiva la capacità di declinare impegno sociale e femminile evidente, senza paura, anche in quegli anni in cui se non eri in sandalo gonnellona e rigorosamente struccata, era difficile che potessi far parte del “Movimento”.
Franca invece si prendeva la libertà del tacco alto, dei capelli biondissimi e cotonati, dei vestiti iperfemminili e del trucco marcato: glielo concedevano solo perché era la moglie di Dario, era evidente.
A me ragazzina, questa manifestazione della sua femminilità esteriore in modo così evidente piaceva moltissimo, era l’espressione di un femminile interiore di cui sentivo il bisogno e che mi rassicurava sulla possibilità di essere impegnate e femminili al contempo.
Sarebbe piaciuta Franca alle ragazzine che incontro nelle scuole oggi; e ancor di più sarebbe piaciuto loro il suo carattere indomito e il suo coraggio non ostentato ma immenso, che si manifestò pienamente quando decise di raccontare a teatro l’orrore dello stupro.
Nel caso di Franca è vero che il privato è politico. E un senso ce l’avrà se l’ultimo post che scrisse per ilfattoquotidiano.it si intitolava “Lettera d’Amore a Dario”. Per me un grande insegnamento, e spero per molte e molti intellettuali che si vergognano di scrivere d’Amore, quasi la Politica fosse questa fanghiglia in cui ci dibattiamo e non un grande coraggioso atto d’amore giornaliero.