Il ddl del governo: abolizione del finanziamento in 3 anni, detrazioni ai donatori, tv e sedi gratis. I contribuenti sceglieranno se dare alla politica o allo Stato il 2 per mille del reddito: chi non indica la preferenza, però, foraggerà lo stesso le forze parlamentari. La torta vale in teoria 800 milioni
Il finanziamento ai partiti è stato abolito. Anzi no, resta. Mentre il presidente del Consiglio Enrico Letta parla dell’abolizione dei rimborsi elettorali come la conditio sine qua non “perché ne va della credibilità del sistema politico italiano di essere visto dai cittadini”, in realtà con il disegno di legge approvato (con la solita formula “salvo intese”) dal consiglio dei ministri i soldi ai partiti vanno lo stesso. Alle casse delle forze politiche arrivano attraverso il 2 per mille che viene descritto come “destinazione volontaria ai partiti”, nella sostanza il meccanismo – simile a quello dell’8 per mille – garantisce ai partiti una quota non irrilevante del gettito fiscale dell’Ire, cioè le dichiarazioni dei redditi sulle persone fisiche. Cosa accade? I contribuenti potranno indicare i partiti ai quali destinare il proprio 2 per mille: fin qui niente di strano. Oppure dichiarare di voler devolvere quella quota allo Stato. Ma se qualcuno non traccerà nessuna “x” sulla propria dichiarazione dei redditi si formerà un nuovo gruzzolo che sarà ripartito in modo proporzionale secondo le indicazione dei cittadini. Quindi chi non vuol dare neanche un euro ai partiti sulla dichiarazione dei redditi ha solo una scelta: fare un segno per destinare il 2 per mille allo Stato.
Se per ipotesi estrema tutti i cittadini firmassero il 2 per mille ai partiti, in un anno l’assegno sarebbe da 800 milioni di euro. Il ministro Quagliariello assicura però che il ddl prevede un tetto massimo di 61 milioni l’anno, ma il testo definitivo del provvedimento non è ancora disponibile. Comunque sia, moltiplicando 61 milioni per cinque anni di legislatura si ottengono oltre 300 miloni, quasi il doppio di quanto previsto come monte del rimborso elettorale per l’attuale legislatura.
Il testo licenziato prevede che quest’anno i partiti riceveranno la quota prevista (91 milioni), che sarà tagliata del 40% nel 2014, del 50% nel 2015, del 60% nel 2016 e si azzererà nel 2017.
Beppe Grillo: “Cittadini presi in giro”
Tanto che il Movimento Cinque Stelle parla di “legge truffa“: ”Dopo la propaganda elettorale di Letta che con un tweet annunciava di aver eliminato il finanziamento pubblico – scrive Beppe Grillo su Twitter – Oggi scopriamo la verità: per quest’anno non si toccano”. Per i deputati Cinque Stelle è “una presa in giro per i cittadini che continueranno a pagare per far campare i partiti”. I parlamentari di Montecitorio annunciano “proteste clamorose”. “Di fatto – prosegue la nota – a riempire le casse delle forze politiche saranno sempre gli italiani tramite risorse che saranno sottratte al bilancio dello Stato. Non solo il finanziamento ai partiti non avrà efficacia hic et nunc, come invece previsto dalla proposta di legge a 5 Stelle, dato che si spalma su tre anni, ma con la misura sull’inoptato i partiti imporranno una sorta di prelievo forzoso ai contribuenti. Proprio come accade con l’8 per mille alla Chiesa, infatti, il due per mille non espressamente destinato alle forze politiche sarà comunque distribuito ai partiti, entro una certa quota, in modo proporzionale rispetto alle somme stanziate in via esplicita. Equivale a dire: ‘O me li dai o li prendo da me’. In questo modo le forze della maggioranza tentano di salvare le penne. Sanno bene, infatti, che se i cittadini potessero decidere in piena libertà, lascerebbero questi partiti a bocca asciutta. Con il provvedimento odierno il governo fa la voce grossa, caccia il finanziamento pubblico dalla porta e poi lo fa gentilmente rientrare dalla finestra con tante scuse. E lo definisce esplicitamente ‘finanziamento pubblico’. Ma come? Non era stato abrogato e sostituito con un referendum vent’anni fa?”.
I Cinque stelle lanciano intanto su Twitter l’hashtag #leggetruffa di Twitter, subito preso d’assalto dai simpatizzanti indignati. “E alla fine era tutto secondo copione”, rindara la capogruppo uscente alla Camera Roberta Lombardi. “I partiti aboliscono il finanziamento pubblico (a parole) e lo reinseriscono mascherato da detrazioni sulle donazioni, 2×1000 e detrazioni delle spese per la partecipazione a pseudo corsi di formazione politica organizzati da loro! Come la chiamamo, la scuola Banda Bassotti?”.
La torta da dividere. Quagliariello: “Tetto di 61 milioni”
Da capire di quanto denaro si tratta. Se il calcolo va effettuato sul totale dell’imposta sulle persone fisiche (viene chiamata Ire), basti sapere nel 2011 il totale del gettito è stato di 411 miliardi (dati del Tesoro). Il 2 per mille di 400 miliardi fa 800 milioni che – per ribadire – andrebbero divisi tra le donazioni volontarie ai partiti, il mantenimento della quota in direzione dell’erario ma anche in quella “riserva” che sarebbe poi divisa in proporzione tra partiti e Stato. In realtà il “tetto c’è”, precisa il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, ed è di “61 milioni di euro”, quindi “un terzo in meno” del finanziamento attuale, ma solo “se tutti decidessero di dare soldi ai partiti”.
Si parte dalla dichiarazione dei redditi del 2015
Secondo la nota di Palazzo Chigi i contribuenti potranno decidere di destinare il 2 per mille delle loro imposte ai partiti, a cominciare dalla dichiarazione dei redditi che faranno nella primavera del 2015. ”I partiti politici che abbiano conseguito nell’ultima consultazione elettorale almeno un rappresentante eletto alla Camera o al Senato – spiega il comunicato – potranno essere ammessi alla ripartizione annuale del 2 x 1000 della propria imposta sul reddito. Una decisione che assumerà il contribuente, sempre a decorrere dall’anno finanziario 2014, in fase di dichiarazione dei redditi mediante la compilazione di una scheda recante l’elenco dei soggetti aventi diritto”. Il che avverrà dunque sul 730 che verrà compilato nella primavera 2015.
I benefici solo a chi ha uno statuto
Il disegno di legge allo stesso tempo prevede l’abolizione del finanziamento dei partiti che sarà graduale e spalmata nell’arco di 3 anni: il finanziamento sarà ridotto al 60% il primo anno, al 50% il secondo anno e al 40% al terzo anno, per poi essere abolito del tutto. Saranno cancellati i rimborsi elettorali, come previsto, ma saranno attivate erogazioni volontarie con detrazioni del 52% per gli importi fra i 50 e i 5mila euro e del 26% per tutti gli altri fino a un massimo di 20mila, ma anche la destinazione volontaria del 2 per mille e la concessione gratuita di spazi (anche tv) e servizi. Il disegno di legge infatti “comprende inoltre nuove disposizioni in materia di comunicazione politica fuori dalla campagna elettorale” come si legge nella nota di Palazzo Chigi. In sostanza i partiti “avranno diritto ad accedere a spazi Tv messi a disposizione a titolo gratuito” dalla Rai. Gli spot “della durata massima di un minuto” serviranno a “rappresentare alla cittadinanza i propri indirizzi politici”. Altro aspetto all’esame del governo quello relativo all’Agenzia del demanio che dovrà attivarsi per garantire a partiti e movimenti locali idonei all’attività politica nei capoluoghi di provincia. Nel testo è inoltre prevista la possibilità di “scaricare” è la quota associativa ai partiti e l’iscrizione a scuole corsi di formazione politica. Non è previsto niente, invece, per regolare il funzionamento delle fondazioni politiche.
Il sistema di regolamentazione della contribuzione volontaria prenderà avvio nel 2014, ma andrà a regime nel 2016, come spiega Palazzo Chigi. “Solo a giugno 2015 gli italiani saranno infatti chiamati a dichiarare i propri redditi relativi al 2014. A quel punto saranno necessari altri mesi per permettere all’Erario di stabilire l’ammontare esatto della quota del 2 x 1000 da destinare a ciascun partito politico”, specifica la presidenza del Consiglio. “Fino a tale momento, e quindi in via transitoria, a tutti i partiti è riconosciuto il taglio – si legge nella nota – del 40 per cento nel primo esercizio successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge; del 50 per cento nel secondo esercizio successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge; del 60 per cento nel terzo esercizio successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge; Con il quarto esercizio finanziario successivo a quello dell’entrata in vigore del disegno di legge il finanziamento cessa”.
Letta: “Va approvato, ne va della credibilità della politica”
Il presidente del Consiglio dice di confidare in una rapida approvazione. “perché ne va della credibilità del sistema politico italiano di essere visto dai cittadini come un sistema che è in grado di convincere i cittadini a finanziarlo”. Secondo quanto spiega il capo del governo la formula “salvo intese” è legata alla “bollinatura” della Ragioneria, non a problemi di natura politica, perché i nodi politici erano già stati sciolti la settimana scorsa. La coesione politica della maggioranza intorno a questo tema è stata importante e voglio ringraziare tutti i ministri dei partiti che sostengono il governo per averci consentito di fare questo passo così significativo, che i cittadini aspettavano e sono convinto che non aspetteranno troppo tempo perché il Parlamento lo trasformi in legge”. Quanto alla fase transitoria per il passaggio dalla disciplina del finanziamento pubblico al sistema del 2 per mille, Letta ha spiegato che “il decalage del vecchio regime rispetto al nuovo è reso necessario dal meccanismo fiscale”.
Partiti in rivolta
La rivoluzione fa fibrillare Pdl e Pd, i cui dirigenti hanno fatto sentire la loro voce. Con dubbi e tensioni, trasversali, espressi anche durante il Consiglio dei ministri, soprattutto sulla scarsa gradualità dei tagli. Già prima del Cdm sono arrivate critiche da esponenti del Pdl (come Fabrizio Cicchitto e Altero Matteoli): il vice tesoriere Maurizio Bianconi, ha ricordato che il partito è stato costretto a disdire i contratti a termine per lo stop ai fondi pubblici. Duro anche il tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, mentre quello del Pd, Antonio Misiani invita al realismo (“la riforma va fatta: l’errore peggiore sarebbe non cambiare le cose quando ormai metà degli elettori non vanno a votare”). Il testo definitivo del ddl è arrivato sul tavolo del cdm a riunione già cominciata, c’era solo la relazione con la spiegazione. E questo ha innervosito diversi ministri.
Detrazioni fiscali e donazioni volontarie
Dal 2014, come si legge nella bozza del disegno di legge anticipato dall’agenzia Public Policy, saranno previste detrazioni Irpef e Ires dal 26 al 52% per le donazioni di privati e aziende in favore di partiti e movimenti. Ma anche per le spese sostenute per “l’iscrizione a scuole o corsi di formazione politica”. Le detrazioni previste dal disegno di legge corrispondono per le donazioni volontarie al 52% per gli importi compresi fra 50 e 5mila euro annui e al 26% per le somme tra 5mila euro e 20mila. Per le spese sostenute per le iscrizioni a corsi di formazioni politica viene detratto il 52% su un limite di 500 euro per ogni annualità. Dal 2014, invece, si potrà detrarre dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) il 26% sulle donazioni ai partiti per importi compresi tra 50 e 10mila euro. Nelle detrazioni non vengono comprese le società e gli enti a partecipazione pubblica e le società per azioni e quindi quotate in borsa.
Altro requisito per accedere alle donazioni di varia natura è che partiti e movimenti abbiano conseguito nell’ultima consultazione elettorale almeno un rappresentante eletto alla Camera o al Senato. Per accedere al regime fiscale agevolato servirà una richiesta alla commissione di Garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici: la commissione esamina la richiesta e la respinge o l’accoglie entro trenta giorni dal ricevimento con atto scritto motivato. Ancora dal 2014 partiti e movimenti possono essere ammessi al regime fiscale agevolato”. Anche in questo caso devono avere un eletto tra Camera, Senato, consigli regionali.
Il ministro Saccomanni: “Impatto positivo sul bilancio pubblico”
E’ “difficile ipotizzare come si comporterà il pubblico”, ma “nel processo di andata a regime del sistema non c’è un impatto negativo sul bilancio pubblico”, dice il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Anzi, “a regime avrà un impatto positivo perché viene meno il finanziamento pubblico, che verrà utilizzato per un fondo per l’ammortamento del debito pubblico. Un segnale forte per la riduzione dei costi della politica”.
Fava (Sel): “Due per mille strumento di civiltà”
“L’importante è che i partiti vengano messi nelle condizioni di restare luoghi di lavoro per fini di legalità e per i cittadini”. Così Claudio Fava (Sel) a margine di un evento editoriale a Pescara commenta il ddl presentato oggi in Cdm. “La politica ha bisogno di mezzi e servizi, se no resta un club per nobili – spiega Fava, candidato per Sel alla presidenza del Copasir – quindi credo anche che il 2 per mille sia una misura in qualche modo uno strumento di civiltà che spinge i cittadini a schierarsi”.