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Aiuti Ue, così i soldi finiscono nelle tasche degli investitori privati

Gran parte dei soldi stanziati per gli aiuti ai paesi deficitari della periferia sono finiti nelle tasche di investitori privati. L’ultimo scandaloso esempio di questa pratica sono i 10 miliardi che l’Europa Unita ha concesso a Cipro, dopo aver costretto il governo a tassare pesantemente i depositi bancari oltre i 100 mila euro. Dei primi 2 miliardi arrivati da Bruxelles 1,4 servirà per ripagare obbligazioni che scadono il 3 giugno, gran parte delle quali sono state acquistate sul mercato secondario da alcuni hedge fund a prezzi stracciati – a meno del valore nominale -, tra febbraio e marzo, proprio nel bel mezzo della crisi del debito sovrano di Cipro. Grazie agli aiuti concessi, a questi investitori verrà restituito l’equivalente del valore nominale delle obbligazioni. Un gran bel guadagno in appena due mesi!

Da un anno il mercato dei capitali è cambiato radicalmente: ormai ogni volta che c’è una crisi tutti si precipitano a sottoscrivere i debiti sovrani tossici di Eurolandia perché la soluzione è sempre la stessa: gli aiuti vengono concessi per onorare i debiti e chi ne fa le spese sono i contribuenti. Per chi ha contante si tratta di vere e proprie occasioni finanziarie. 

Nel 2012 chi ha acquistato il debito greco sul mercato secondario ha guadagnato il 75 per cento, mentre chi ha parcheggiato i soldi in quello tedesco non ha guadagnato nulla. E’ bastata questa comparazione alla fine dello scorso dicembre per rilanciare il debito della periferia. Da maggio del 2012, infatti, la Grecia ha ricevuto dalla Troika 174 miliardi di euro con i quali ha pagato in toto i creditori privati. E’ ormai chiaro che la strategia è evitare l’implosione di uno dei paesi della periferia acquietando i mercati finanziari. Ed infatti gli aiuti vengono stanziati principalmente per ripagare il debito nelle mani degli operatori privati e solo se avanza qualcosa ci si adopera per sostenere l’economia reale, ad esempio per pagare stipendi e pensioni.

Questa logica rientra nella politica d’austerità che potremmo definire ‘suicida’, dove il settore finanziario ha priorità su quello produttivo, una logica che ha creato squilibri profondi nel sistema economico europeo. Lo scollamento tra indicatori economici e finanziari ne è la conseguenza diretta: con una contrazione del Pil pari al 25 per cento negli ultimi tre anni, un tasso di disoccupazione giovanile da dopoguerra, 64 per cento, e con prospettive di crescita negativa per almeno altri due anni, la Grecia oggi può indebitarsi a tassi molto più bassi (circa il 7 per cento) di tre anni fa, quando l’economia era più solida.

La facilità con cui i paesi deficitari della periferia oggi possono indebitarsi sul mercato dei capitali privati è dunque legata alla condizione di priorità che questi hanno rispetto ai bisogno dell’economia reale. La domanda da porsi è fino a quando questa situazione potrà perdurare, dal momento che il fiume di denaro incanalato verso hedge funds ed investitori privati, detentori del debito della periferia, non produce alcuna ricchezza ma, da una parte, trasferisce il debito dal settore privato a quello pubblico e dall’altra è fonte di ricchezza per il primo.

L’altra domanda chiave è perché i cittadini di Eurolandia non si ribellano? In fondo il settore finanziario ha ottenuto un trattamento speciale soltanto minacciando nel 2010 di tagliare i fondi ai governi.