Il presidente del gruppo pubblico Snam ed ex membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea presenta la sua "ricetta rivoluzionaria" per far ripartire l'economia
”Il sistema bancario ha bisogno di capitale pubblico per stabilizzarsi, almeno temporaneamente. Unica scelta possibile, ma impopolare”. A sostenerlo è stato Lorenzo Bini Smaghi, presidente del gruppo pubblico Snam e già membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea, nell’incontro promosso dalla Federazione trentina della cooperazione nell’ambito del Festival dell’Economia a Trento.
Per far ripartire il sistema bancario e sostenere l’economia, ha precisato Bini Smaghi, “la soluzione non è l’uscita dall’euro. Le svalutazioni fatte negli anni Settanta ci hanno fatto perdere le aziende più avanzate. Oggi tutti i Paesi più avanzati hanno un cambio forte. Magari una eventuale uscita dall’euro porterebbe a vantaggi immediati, ma occorre guardare avanti e puntare invece sull’innovazione”.
La ricetta dell’ex banchiere che due settimane fa invitava l’Italia a chiedere gli aiuti europei per soccorrere il proprio sistema bancario, propone una ricetta definita rivoluzionaria. “Oggi non c’è alcun operatore privato disposto a ricapitalizzare il sistema bancario, perchè ha paura. Il problema è che se non ha abbastanza capitale, le banche saranno sempre più prudenti. Il ruolo dell’ente pubblico dovrebbe essere quello di stabilizzare il sistema, come hanno fatto negli Stati Uniti appena scoppiata la crisi. Per due o tre anni occorre portare il capitale delle banche sui migliori sistemi europei, e così tranquillizzare i manager bancari e indurli a prendere più rischi e a prestare di nuovo. Il problema di questa scelta è che è antipopolare. Una soluzione che fa bene all’economia, ma è contro la volontà popolare dei cittadini che non ne possono più di dare soldi alle banche. Eppure, se vogliamo evitare questo processo di avvitamento che sta peggiorando la situazione economica, questa è l’unica situazione”.
Una posizione non condivisa da Donato Masciandaro, docente alla Bocconi. “E’ pericoloso far entrare lo Stato in banca, soprattutto in Paesi che hanno un basso livello di capitale civile – ha replicato -. Non nascondiamoci che noi siamo un Paese ad alta propensione a violare le leggi. Quando lo Stato entra in banca, è una tossina. Se va bene la banca diventa ancora più inefficiente, se va male c’è il pericolo di corruzione. Pensiamo piuttosto ad un sistema bancario che deve ferocemente diminuire i suoi costi. Ma oggi è più facile tagliare il credito che ridurre i costi”.
Dal canto suo il direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro, sostiene che ”più che nazionalizzare le banchesarebbe forse il caso di tornare ad avere banchieri un pò meno arroganti e più mezzemaniche”. Secondo il banchiere, “il punto di equilibrio passa attraverso le regole, dobbiamo essere onesti. Le banche sono attori fondamentali del sistema economico, quando non funzionano fanno saltare il sistema, ed è giusto che vi siano delle regole, e negli ultimi anni ne sono state introdotte almeno 350-400 di nuove”. “Dobbiamo chiederci però dove si posiziona il pendolo rispetto alle regole, che a volte tendono ad essere contraddittorie; ci vuole il giusto set combinato di regole che dia equilibrio al sistema”, ha aggiunto.