“Anna aspetta. Non puoi fare uno scandalo. Neanche tu sai bene quello ch’è successo. Sei molto agitata. Ti devi calmare. Lo dico prima di tutto per il tuo bene. Io ti assolvo dai tuoi peccati”. Le parole sono quelle di don Antonio Scordo e sono riportate nel libro “Malanova” di Cristina Zagaria, che racconta la storia di Anna Maria Scarfò, la ragazza che a soli 14 anni è stata violentata dal branco nella piccola frazione di San Martino di Taurianova, in Calabria, e lasciata sola anche dalla chiesa. L’unica istituzione a cui a 13 anni, dopo le ripetute violenze sessuali, la giovane aveva chiesto aiuto.

Qualche settimana fa, il sacerdote, testimone, indagato, imputato e successivamente condannato dal gip è stato “premiato” dal vescovo della diocesi di Oppido Palmi, monsignor Francesco Milito, che l’ha scelto fra i sette reverendi chiamati a rappresentarlo nell’organizzazione diocesana. Una scelta che sta facendo discutere, soprattutto le attiviste reggine del movimento “Se Non Ora Quando” che, all’indomani dei fatti di Corigliano Calabro, hanno chiesto al vescovo ascolto, “vicinanza alla donna che ha subito l’assenza della sua Chiesa”, affinchè “i femminicidi, la violenza di genere, possano diventare una priorità da combattere insieme”.

Il vescovo, nonostante le mille polemiche, ha sottovalutato questo caso e non ha preso in considerazione, probabilmente, la vicenda che ha coinvolto il suo sacerdote accusato di “concorso in falsa testimonianza” insieme alla suora, suor Mimma, anche lei sapeva ma non ha parlato, almeno secondo il racconto di Anna Maria. Solo 4 mesi fa è arrivata la condanna per entrambi a un anno, inflittagli dal Tribunale di Palmi in primo grado. Pena sospesa e non menzione, come si legge nel dispositivo della sentenza.

Ma la storia di Anna Maria Scarfò è assai complessa e la sua vita continua a non essere semplice. Il 30 giugno scorso, giorno in cui doveva celebrarsi l’ennesima udienza del processo che vede imputati i familiari dei suoi stupratori (accusati di stalking), gli avvocati erano in sciopero e si è deciso per un nuovo rinvio. Altre settimane di agonia. Anna Maria, che oggi ha 27 anni, è sola con i suoi “angeli”, gli uomini della scorta. Perché nel 2010 è stata sottoposta al programma di protezione proprio per avere denunciato, oltre che ai suoi violentatori (6 dei quali condannati in primo grado), il prete e suor Mimma, complici nella sua vicenda e anche per quello che dopo è accaduto nel paesino della Piana di Gioia Tauro.

La popolazione ha iniziato ad additarla come la “Malanova”. La sua macchia più grande, quella di essere riuscita a denunciare colpevoli, familiari compiacenti, pezzi della chiesa che per evitare lo scandalo, avevano provato a imporle il silenzio.

Anna Maria aveva solo 13 anni quando un branco di ragazzini senza scrupoli ha deciso di rubarle la fanciullezza. È stata tradita da una persona di cui si fidava, un giovane di circa 20 anni che si era avvicinato con premura ed attenzione. Quello stesso ragazzo che improvvisamente si è trasformato in un mostro. Una sera d’aprile di 14 anni fa, insieme a 4 complici, ha deciso di abusare di quella adolescente, di rubare per sempre la spensieratezza di Anna Maria e strapparle il sorriso. La vigilia di Pasqua del 1999, viene portata in campagna, vicino a un casolare dentro cui c’era qualche sedia e un tavolo. Inizia così il suo calvario.

Anna Maria tenta di denunciare il giorno dopo. Ma quel prete oggi “promosso” dalla chiesa le dice di parlarne solo con la suora, suor Mimma, per fare un test di gravidanza. Da lì a tre anni ancora abusi e ripetute violenze. Minacce, segni di coltello e bruciature sul corpo successivamente violato da ben 12 uomini.

Solo nel 2002, Anna Maria trova il coraggio di ribellarsi. Quando i suoi stupratori le chiedono di portarsi dietro la sorellina di 11 anni, lei non ce la fa più e denuncia tutto ai carabinieri. Ed ora ancora attesa per l’ennesimo processo, rinviato al 26 settembre. Per il gruppo SNOQ di Reggio Calabria, “la giustizia ancora una volta è entrata in sciopero”. Nessuna risposta è arrivata dal vescovo, i tempi della giustizia si dilatano ulteriormente e lei, sempre sola contro tutti, dovrà aspettare, dovrà rivivere nuovamente quei momenti di terrore e brutale violenza.

Questa storia è l’esempio di come la violenza sulle donne sia una emergenza universale e come tale va trattata. Anna Maria, invece, è il simbolo di chi non si arrende e continua a lottare, ovunque, nonostante tutto. E speriamo che almeno il vescovo riesca a rispondere alle donne di Reggio che pretendono verità e giustizia.

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