Nel triennio 2013-2015 i contribuenti italiani dovranno sopportare una stangata fiscale da 15 miliardi di euro. E’ quanto risulta da un’analisi del Centro studi Unimpresa su dati Banca d’Italia e ministero dell’Economia e delle Finanze. Ai 4,5 miliardi di maggiori entrate tributarie previste per quest’anno si aggiungono i 5,4 del 2014 e i 4,9 dell’anno successivo. La voce maggiore di questo gettito aggiuntivo, secondo l’indagine di Unimpresa, è rappresentata dall’imposta di bollo sulle transazioni finanziarie, in totale 3,4 miliardi nel triennio, e dalle accise sui carburanti, che frutteranno 3,3 miliardi in più.

Vale 1,3 miliardi, poi, l’inasprimento sulle assicurazioni (acconti su riserve tecniche). Le riduzioni delle agevolazioni fiscali per le auto aziendali garantiranno un gettito aggiuntivo di 1,4 miliardi. Ulteriori 1,4 miliardi sono assicurati dal mancato differimento di alcune imposte sostitutive. I restanti 3,8 miliardi sono derivanti da altri interventi su diversi balzelli e tributi. In totale, dunque, entro il 2015 le famiglie e le imprese devono fare i conti con un giro di vite sulle tasse da 14,957 miliardi di euro.

“Con questi dati vogliamo lanciare un appello al governo: basta agire sulla pressione fiscale, che va assolutamente abbassata a non può essere ulteriormente aumentata. La nostra analisi non tiene conto dell’imminente inasprimento dell’Iva che tra 30 giorni, salvo miracoli, salirà dal 21% al 22 per cento. Noi diciamo basta. Alle imprese e alle famiglie serve un segnale forte e questo segnale deve arrivare proprio dall’approvazione di un piano serio per la riduzione del carico tributario. Se ne parla tanto, ma per ora mancano i fatti”, commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

Intanto, sempre sul fronte fiscale, è in dirittura d’arrivo il nuovo redditometro, dopo una revisione e una “semplificazione”. Le semplificazioni riguarderanno in primo luogo l’utilizzo delle contestate medie Istat sulle voci di spesa non conosciute all’amministrazione finanziaria che serviranno solo in un secondo step di controlli, ovvero nella seconda fase del contraddittorio con il fisco. Nella prima fase i contribuenti da sottoporre ai controlli saranno selezionati prendendo infatti in considerazione solo le voci di spesa già note al fisco come i mutui, l’acquisto di auto o di pacchetti vacanze. Se l’amministrazione dovesse riscontrare uno scostamento tra reddito dichiarato e reddito ricostruito superiore al 20%, si passerà al contraddittorio con il contribuente che potrà in quella sede portare le sue giustificazioni (eredità, regalo dei genitori dimostrato da un bonifico, vincita al lotto o quant’altro).

Solo in un ulteriore approfondimento, se cioè la difesa non sarà ritenuta convincente, entreranno in gioco le medie Istat volte a misurare quelle ulteriori voci spesa, come gli alimentari o l’abbigliamento, che il Fisco non contempla. Anche in questo caso il contribuente potrà presentare altre giustificazioni o prove, cercando così di evitare l’accertamento vero e proprio. Le argomentazioni potranno in questo caso essere anche non documentate. Per esempio – hanno spiegato in passato le Entrate – se una persona non spende per alimentari perchè va a mangiare tutti i giorni dalla madre che abita nello stesso pianerottolo potrà portare questa motivazione. Da tempo, di fronte alle polemiche di categorie e associazioni dei consumatori, l’Agenzia aveva peraltro precisato che i valori Istat da soli non avrebbero mai determinato un accertamento.

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