Zonaeuro

Europa, finanza o democrazia?

La domanda è retorica, la scelta obbligata. Ma è davvero possibile costruire una nuova Europa più attenta alla democrazia al suo interno che alla finanza? A dare una risposta ci ha provato l’associazione European Alternatives con una due giorni di conferenza nella quale docenti universitari, esponenti di gruppi e partiti della sinistra europea e dei movimenti sociali si sono incontrati per cercare di delineare i tratti di una nuova Unione europea, più vicina al popolo e meno ai mercati.

Il punto di partenza è semplice: quest’Europa così com’è non va bene. Nelle tre sessioni della conferenza (“Crisi economico-finanziaria, politiche di austerity e governance della Troika”, “Crisi delle istituzioni comunitarie, integrazione economica e politica dall’alto: il futuro della democrazia in Europa”; “Conflitti sociali e movimenti per un’altra Europa) sono state evidenziate soprattutto le incongruenze di un’Europa dominata dalle politiche di austerità e rigore e dove la rappresentanza democratica del popolo è ormai ridotta al lumicino.

“Questo continente o viene rifondato dal basso o finirà veramente in basso”, ha detto Lorenzo Marsili, direttore di European Alternatives, che mette in guardia sostanzialmente da due pericoli: “Il predominio delle politiche neoliberali e del sistema intergovernativo” (ovvero degli accordi tra Stati membri invece che comunitario come nel caso del fiscal compact) e “il crescere dei movimenti euroscettici, populisti e xenofobi in tutta Europa”. Per questo Marsili auspica “un maggior controllo politico ed europeo sulla finanza” e “un Parlamento europeo rivoluzionario che difenda la rappresentatività dei cittadini europei”.

Impossibile, occupandosi di austerità e Troika, non parlare di euro e Germania. “L’uscita dall’euro non è la soluzione”, ha detto Claudio Gnesutta, economista e membro della rete Sbilanciamoci, secondo il quale “bisogna piuttosto cambiare la cultura alla base della politica economica europea” contrastando la “dottrina nord liberista tedesca” e questo “per difendere a oltranza il modello sociale europeo”.

Drammatica la testimonianza di Theano Fotiou (deputata greca del partito di estrema sinistra Syriza) della situazione sociale in Grecia. “Stiamo assistendo a una crisi umanitaria, il nostro sistema sociale sta collassando, le persone hanno problemi a comprare da mangiare e le medicine di cui hanno bisogno”. E poi la paura per l’emergere di forze di estrema destra come Alba Dorata. “Quando le persone soffrono tendono verso destra, l’estrema destra, non verso sinistra”, dice preoccupata la Fotiou. “Dobbiamo contrastare queste forze fasciste sullo stesso terreno in cui sono nate”.

Insomma, denuncia e preoccupazione per un’Europa schiava della crisi. Ma la soluzione allora qual è? A ben guardare l’unica speranza di incidere direttamente sulle politiche (policies) europee da parte dei cittadini resta il Parlamento europeo, Aula che verrà rinnovata nel maggio 2014. Il rischio, secondo Niccolò Rinaldi (eurodeputato Idv) è “la scarsa affluenza al voto” e “l’affermazione di movimenti euroscettici come l’Ukip di Nigel Farage”. Chissà se si alleerà con lui il Movimento 5 Stelle, si domanda l’eurodeputato.

In effetti, ad oggi, l’unico modo di modificare la rotta politica ed economica dell’Ue, magari anche in senso meno liberale (ammesso e non concesso che la maggioranza in Europa sia d’accordo), in modo pacifico e democratico, resta l’unico organismo che ogni democrazia mette a disposizione del popolo: il Parlamento. Ha ragione Marsili quando dice che oggi questa istituzione è strangolata dallo strapotere degli stati nazionali, e (aggiungo io) dall’incompetenza di alcuni sui deputati. Proprio per questo è un vero peccato che il grosso del malcontento popolare (incalzato opportunisticamente da certi leader politici) si stia scagliando ciecamente contro le istituzioni europee e i suoi simboli (euro) piuttosto che concentrarsi in modo costruttivo lungo i canali messi a disposizione da un sistema democratico. Paradossalmente, in un simile contesto, tra democrazia e finanza, rischia di uscirne vincente proprio la seconda.

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