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Italia-Usa: i giovani americani e Sergio il canadese

Dell’Italia, li attrae soprattutto il cibo, più della moda o della qualità della vita; e ne fanno la loro seconda scelta, dopo la Gran Bretagna, per un’esperienza di vita all’estero. Di noi, sanno molto: che siamo gente di buon carattere, che al bar ci piace l’espresso, che amiamo il calcio e che compriamo Fiat; anche se non hanno le idee proprio chiare su che cosa ci mettiamo ai piedi –quasi la metà pensa che le nostre calzature più comuni siano gli stivali di pelle, manco fossimo il Texas.

Sono alcune delle curiosità, tra la conferma, la sorpresa e lo stereotipo, di un sondaggio su quel che sanno e pensano dell’Italia gli universitari americani, realizzato anche quest’anno dalla Fondazione Italia Usa con la Loyola University di Chicago. Pareri spesso espressi per sentito dire più che per esperienza diretta e rappresentativi di una fetta di giovani americani più aperti al mondo e all’Italia della media dei loro coetanei: 7 su 10 sono stati all’estero, oltre la metà in Italia, 8 su 10 sono pronti a lavorare all’estero, uno su tre vede film italiani, uno su quattro ascolta musica italiana.

Sul nostro paese hanno idee abbastanza chiare, se non giuste: ci fanno l’onore –e fanno il dispetto alla Francia- di considerare Milano la capitale della moda piuttosto che Parigi e il vino italiano migliore di quello francese (ma viene da chiedersi che cosa ne sappiano di preciso, visto che da loro – teoricamente e non solo – spesso fino a 21 anni non possono berne).

Come italiani in quanto europei, ci considerano interlocutori economici importanti, ma pensano che contro la crisi ce la stiamo cavando così così e che nella politica internazionale contiamo piuttosto poco. Giudicano la vicenda di Amanda Knox in qualche misura un deterrente a venire in Italia – dando per scontato loro che Amanda non abbia ammazzato lei Meredith Kercher -.

Ma su una parte del questionario loro sottoposto i giovani americani hanno idee chiare e nette, che magari noi non siamo proprio pronti a condividere: la vicenda della Chrysler e della Fiat, su cui sembrano essere bene informati e, soprattutto, avere opinioni precise. Due su tre pensano che una fusione gioverebbe all’economia americana, quattro su cinque che gioverebbe all’economia italiana e pure quattro su cinque che rafforzerebbe i legami tra Stati Uniti e Italia (che la metà di loro reputa comunque forti).

Fin qui, tutto bene. Ma sette su otto sono certi, certissimi che il quartier generale della Fiat-Chrysler dovrebbe stare negli Usa e non Italia: la pensano proprio –quasi- tutti come Sergio il canadese, ‘sti americanini.