I giudici di Torino aumentano la pena per l'imprenditore elvetico per il quale in primo grado la pena era stata di 16 anni. Disposta una provvisionale di quasi 51 milioni di euro tra Regione Piemonte e Comune di Casale Monferrato. Risarcite le tante parti civili
E’ stato condannato a 18 anni di reclusione per disastro doloso l’imprenditore elvetico Stephan Schmidheiny, imputato a Torino nel processo Eternit. In primo grado era stato condannato a 16 anni. La Corte d’Appello di Torino ha ritenuto il miliardario svizzero responsabile di disastro anche per gli stabilimenti Eternit di Bagnoli e Rubiera. Per quel che riguarda l’altro imputato, il barone belga Louis De Cartier, i giudici si sono pronunciati direttamente per l’assoluzione per alcuni degli episodi contestati, mentre hanno dichiarato il non luogo a procedere data la morte dell’imputato per gli altri. La lettura del dispositivo, piuttosto lunga, è proseguita con l’elenco dei risarcimenti alle numerose parti civili. I giudici hanno disposto provvisionali per 20 milioni di euro alla Regione Piemonte e di oltre 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato. Nella città della provincia di Alessandria la multinazionale dell’amianto aveva il suo stabilimento italiano più importante e il numero delle vittime è più elevato che altrove. Denaro, spiega il sindaco Giorgio Demezzi, che servirà per “eseguire le bonifiche”. In primo grado il tribunale aveva stabilito per Casale un risarcimento di 25 milioni. “Siamo soddisfatti della sentenza, il risarcimento è quanto avevamo chiesto”, aggiunge il primo cittadino. “Questi soldi sono importantissimi per effettuare le bonifiche – sottolinea – ma ora bisogna recuperarli e lo Stato, in questo, ci deve aiutare”. Stessa destinazione avrà il denaro che i giudici hanno assegnato come provvisionale alla Regione: “In questa giornata – afferma il presidente Roberto Cota – il mio pensiero va innanzitutto alle vittime dell’Eternit e alle loro famiglie. I risarcimenti previsti dalla sentenza dovranno servire al completamento delle bonifiche e, in ambito sanitario, alla cura e alla ricerca sulle malattie collegate all’amianto”.
Per il procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello “questa sentenza ci dice che non è mai azzardato sognare. Questa sentenza è un inno alla vita, un sogno che si avvera. Siamo andati al di là di ogni aspettativa”. Secondo il magistrato è stato importante “che sia stato accolto il nostro appello sul fatto che il disastro sia avvenuto anche a Napoli e Rubiera”. Non solo: per il magistrato “con questa sentenza si aprono grandi prospettive anche per le vicende di Taranto e per le altre città che aspettano giustizia. Non è finita qui e non è finita nel mondo”. Una sentenza che è “importante – ha sottolineato Guariniello – anche per tutta la popolazione. Dobbiamo cercare di raccogliere questa sentenza e diffonderla nel mondo: qui in Italia noi siamo riusciti a fare un processo che nessuno è riuscito mai a fare in alcuna parte del mondo. La posta in palio è la tutela dell’uomo e della sua salute. Il disastro ambientale doloso riconosciuto dalla Corte non è solo per i lavoratori -ha concluso Guariniello- ma riguarda tutta la popolazione”. Il presidente della corte d’appello di Torino, Mario Barbuto, aveva espresso “soddisfazione e fierezza perché siamo riusciti a rispettare rigorosamente i tempi che ci eravamo dati per la pronuncia della sentenza”. Per Alberto Oggè, il presidente del Collegio giudicante, quella è stata l’ultima sentenza della carriera: il 30 giugno andrà infatti in pensione.
“Sono stravolta dalla stanchezza,ma finché posso vado avanti” commenta Romana Blasotti, 84 anni, che ha visto morire di tumore cinque parenti, uno dei quali lavorava alla Eternit. L’anziana ha avuto un malore al momento della lettura della sentenza. “Pensavo fosse stato assolto”, ha spiegato dopo essersi ripresa. Lo Stato italiano “non abbandoni le vittime dell’amianto” e faccia in modo che “la sentenza pronunciata oggi trovi piena attuazione”, chiede Bruno Pesce, della Associazione Familiari Vittime Amianto. “Mi auguro – aggiunge – che, in presenza di una sentenza esemplare come questa, Schmidheiny inizi a risarcire le parti civili già da domani, altrimenti chiediamo allo Stato di aiutarci”.
Tuttavia la Corte d’Appello ha escluso l’Inail dal novero delle parti civili che devono essere indennizzate. Questa circostanza è stata definita “drammatica” da uno degli avvocati delle numerose parti civili, Roberto Lamacchia, patrono per lavoratori e organizzazioni sindacali. L’Inail è stata esclusa perché la corte si è pronunciata per l’assoluzione dell’imputato dall’accusa di omissione volontaria di cautele. “Con questa formula l’esecuzione della sentenza, vale a dire il recupero delle somme, ricade tutta sulle nostre spalle, mentre prima era a carico dell’Istituto di previdenza – spiega Lamacchia – Si parla di costi per almeno un paio di milioni: basti pensare che solo tradurre la sentenza nelle lingue degli imputati richiede 100mila euro”. Quella di Torino, commenta l’Osservatorio Nazionale Amianto, è una “sentenza incoraggia la battaglia delle vittime dei familiari e delle persone oneste per un mondo migliore senza amianto e senza quella sete di profitto cui sacrificare vite umane”. L’Osservatorio annuncia che “proseguirà la sua battaglia per avere giustizia per le altre vittime, quelle di Napoli, come quelle di Siracusa, come di ogni altra parte d’Italia cadute per via delle fabbriche di Eternit lì presenti, così come nei confronti di ogni altro responsabile”.
Si dice invece “indignato” l’avvocato Astolfo Di Amato, difensore di Schmidheiny. Il legale si riferisce al fatto che, tra l’altro, l’imputazione è cambiata più volte nel corso del procedimento. “Adesso – osserva – quale imprenditore straniero investirà in Italia? Schmidheiny investì molto sulla sicurezza, spese 75 miliardi dell’epoca e non ne ebbe profitto. Ora è stato condannato a 18 anni. E’ un incentivo?”. Ai giornalisti che gli facevano presente che nell’Eternit bis la Procura sta meditando di contestare l’omicidio volontario, l’avvocato Di Amato ha detto: “Non ci meravigliamo più di nulla”.