La procura di Reggio Emilia ha aperto due fascicoli su presunte irregolarità e infiltrazioni mafiose che riguardano la fermata intermedia dell'Alta Velocità tra Milano e Bologna. L'opera verrà inaugurata sabato 8 giugno dal premier Enrico Letta
Taglio del nastro con indagati. Chissà come ci sarà rimasto il sindaco e ministro per gli affari regionali Graziano Delrio quando ha saputo delle indagini giudiziarie che ora rischiano di rovinargli la festa per l’inaugurazione della stazione Tav Mediopadana. La procura di Reggio Emilia ha infatti aperto due inchieste una delle quali riguarda la presenza nei cantieri di un condannato per omicidio e affiliato alla cosca mafiosa dei Cursoti. Per anni l’uomo ha lavorato come guardiano nei luoghi di lavoro, prima per la linea ad alta velocità, poi per lo scalo progettato dall’architetto Santiago Calatrava, che sabato 8 giugno accoglierà i primi passeggeri alla presenza del premier Enrico Letta.
Il secondo filone dell’inchiesta, seguita dal procuratore capo Giorgio Grandinetti che ha coordinato il lavoro dei Carabinieri, riguarda la questione dell’aggiudicazione dei subappalti. Quattro manager sono stati iscritti nel registro degli indagati: Antonio Simbari, amministratore della Si.To Costruzioni, Giovanni Capucci, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione della coop rossa Scarl Sermidese, Daniele Vegetti, amministratore unico della Vegetti Sns e Salvatore De Luna, uno dei dirigenti della Cimolai Spa, colosso mondiale delle costruzioni metalliche. Tutti e quattro sono accusati di avere di aver concesso subappalti, come recita l’articolo 21 della legge 646 del 1982 ”senza l’autorizzazione dell’autorità competente”.
Per la faccenda del guardiano affiliato alle cosche, invece, è a De Luna della Cimolai che viene contestato l’articolo 22 della stessa legge 646: il mancato affidamento della custodia dei cantieri a persone provviste della qualifica di guardia particolare giurata. Il vigilantes catanese che ha operato, negli anni Ottanta e Novanta, in Piemonte e Liguria per conto delle cosche di Cosa nostra, è stato impiegato dal 2001 prima nei cantieri della Tav poi, finiti quei lavori, nella vigilanza della stazione. Quando la ditta friulana Cimolai arriva a Reggio nel 2008, ‘eredita’ dai vecchi cantieri anche il guardiano e lo assume regolarmente per vigilare sulla costruzione dell’avveniristica stazione che si affianca all’Autostrada del sole. Tuttavia, secondo quanto riportato dall’edizione reggiana del Resto del Carlino, è la Cimolai stessa a sollevare dubbi sul personaggio che controlla l’entrata e l’uscita dal quartiere, tanto che a marzo 2012 non gli rinnova il contratto e la custodia del futuro scalo passa a una agenzia di vigilantes.
Ma per l’allontanamento dell’uomo non c’è nulla da fare: il Centro per l’impiego della Provincia di Reggio Emilia infatti caldeggia perché l’uomo rimanga a lavoro: sarebbe infatti in corso un progetto di recupero, certificato dai servizi sociali, a lui destinato. Così l’omicida, della cui presenza tutti erano a conoscenza, dal Comune di Reggio a Rete ferroviaria italiana, rimane tuttora nei cantieri, riassunto tramite l’agenzia di somministrazione lavoro ufficialmente con mansioni di giardinaggio. Ma secondo testimonianze raccolte dagli inquirenti, continuerebbe ad avere contatti con operai nel cantiere e con gli autotrasportatori che vi arrivano.
La stazione è da tempo sotto lo sguardo fisso degli investigatori che temono proprio per le infiltrazioni mafiose, provate peraltro per la precedente costruzione della linea ad Alta Velocità. Nei subappalti Tav negli anni passati si sono insinuate decine di cosche impegnate ad accaparrarsi servizi ghiottissimi, tra i quali i più a rischio mafia sono proprio quelli di movimentazione della terra e di vigilanza.
L’epilogo è dunque amaro per i cantieri dell’opera disegnata dall’archistar Calatrava, che oltre alla stazione comprende anche i tre grandiosi ponti sulla A1 e un casello autostradale. Un progetto partito dalla precedente giunta diessina del sindaco Spaggiari e contestato da subito per i costi stratosferici scaricati le casse pubbliche. Il prezzo totale è di 139 milioni di euro di soldi pubblici, divisi tra Ministero, Comune e Ferrovie dello stato. La stazione, che secondo le promesse di Del Rio si sarebbe dovuta concludere a fine 2011, da sola è costata 79 milioni, nonostante inizialmente il Comune avesse parlato di 38 milioni di euro. Praticamente spese raddoppiate