450 scuole danneggiate di cui 60 a tal punto da richiedere soluzioni provvisorie o nuove sedi; circa 50 chiese crollate e un numero imprecisato di municipi ed edifici pubblici inagibili nell’area maggiormente colpita dal terremoto in Emilia del maggio 2012, proprio un anno fa in questi giorni; en plein degli ospedali, tre su tre nella bassa Modenese; salvo per miracolo il malandato policlinico di Modena (di cui poi è crollata un’ala, per fortuna chiusa per lavori, poche settimane fa, senza alcun terremoto). Fra le eccezioni, un paio di scuole nuove provvidenzialmente trasformate in strutture di accoglienza e/o di coordinamento nonché il municipio di San Possidonio grazie a recenti restauri.

            Per fortuna non vi sono stati feriti o vittime nelle scuole; del resto molte di esse, per precauzione (e provvidenzialmente) o per inagibilità, erano chiuse alla seconda forte scossa del 29 maggio alle ore 9:00. Non così le fabbriche, aperte e funzionanti ad ogni costo anche, con sopralluoghi in corso, subito dopo la prima scossa del 20 maggio, per le quali purtroppo si rimpiangono e commemorano le vittime. Del resto l’economia e la produzione non possono mai fermarsi, mentre le scuole viceversa chiudono al primo fiocco di neve caduto o annunciato. Lasciamo al lettore riflettere fra questi due opposti estremi.

            Nell’area più colpita, dicevamo, la quasi totalità delle scuole e chiese ed anche edifici pubblici, oltre che di ospedali, è risultata parzialmente o totalmente inagibile. Compromessa anche la produzione industriale nei moderni capannoni, mentre paradossalmente quelli più vetusti hanno retto meglio.

Siamo veramente convinti che sia tutta colpa del terremoto? E’ accettabile che avvenga ciò in una delle regioni più ricche e civili di questo paese?

Così, aspettiamo le indagini della magistratura sulle fabbriche crollate per capire se la responsabilità sia veramente da attribuire tutta al terremoto.

  Il terremoto che si è abbattuto sulla bassa modenese era intenso, forse inaspettato ma non certo  inaspettabile, né particolarmente violento. Il terremoto non si può prevedere, ma nella bassa Modenese e Ferrarese vi sono, note da tempo, faglie attive. E una faglia attiva può scatenare un terremoto, oggi domani fra 1, 10, 100 o 1000 anni. Molti non lo sapevano, ma pacchi di libri, pubblicazioni, studi, più o meno recenti  anche se dimenticati negli armadi o negli archivi, ce lo dicono. Inaspettato, dicevamo, ma a parte le note aree soggette a terremoti veramente violenti,  in molte altre zone dell’Italia esiste, semi sconosciuta, una sismicità simile alla bassa modenese.  Per fare un esempio e non per fare allarmismo,  perfino la riviera romagnola, compresa Rimini, dove nel 1916   si è verificato un terremoto di intensità simile a quello del maggio 2012 in Emilia causando ingenti danni, un piccolo maremoto e il fenomeno della liquefazione nel lungomare, ora fitto di hotel e residence.

 Il terremoto dello scorso anno è stato di magnitudo 5,9; cosa vuol dire? Ogni anno ci sono centinaia terremoti di magnitudine 6 e oltre,e  solo nell’ultimo mese se ne contano 19 di intensità pari o superiore al terremoto in Emilia. Se può apparire straordinario per noi, non lo è certo dunque per il Pianeta Terra. Del resto, senza scomodare il Giappone dove un terremoto di magnitudo 6 probabilmente non fa notizia, in Cile, dopo un terremoto di Magnitudo 6 senza particolari danni, qualcuno   afferma “. oggi non ci sono danni con un terremoto di grado 6. Ma bisogna considerare che non ci sono case antiche, non ci sono chiese,…. Quello che stupisce qua da noi (in Cile, ndr) è che in Italia siano cascate costruzioni nuove e che i principali morti siano stati nei capannoni industriali…” Poi il 5 settembre 2012 un violento terremoto in Costa Rica, di magnitudo 7.6, causò spavento ma danni limitati, tanto che il paese riceve i complimenti dell’Ambasciata USA perché dal 1974 applica rigide leggi e normative di costruzione antisismiche.

Le stesse leggi che invece in Emilia davano fastidio a molti politici ed ad una parte del mondo produttivo, perché a loro dire aumentavano i costi e i tempi, tanto che, val la pena di ricordarlo, a Modena giusto un anno prima del terremoto si tenne un convegno promosso da Comune e Regione per “stabilire, attraverso un confronto tra amministratori, tecnici e imprese, se sia possibile semplificare la normativa sismica senza ridurre la sicurezza” in quanto l’applicazione della normativa antisismica, (peraltro entrata in vigore con enorme e colpevoli ritardi nel nostro paese), “ha evidenziato, …. ricadute sul rispetto dei tempi e sui costi per i cittadini”. Ovvero, verrebbe da dire, si cerca la botte piena e la moglie ubriaca, dimenticando che un euro investito in prevenzione catastrofi ne fa risparmiare sette nella ricostruzione.

Tuttavia se l’euro lo deve spendere il privato, meglio forse secondo alcuni risparmiarlo, tanto i sette  poi li spende il pubblico, magari facendosi bello ad inaugurare scuole provvisori. Non sarebbe forse meglio spendere l’uno nel costruire, o ristrutturare prima del terremoto?

Vogliamo comunque chiudere in modo propositivo e la proposta è molto semplice. Non aspettiamo la prossima catastrofe per costruire bene, sia essa un terremoto, un’alluvione o un tornado. Non è accettabile che in una regione almeno fino ad ora ricca, attiva e dinamica come l’Emilia crollino scuole ed ospedali (e fabbriche); partiamo dunque con una grande opera che può dare anche opportunità, occupazione e lavoro all’edilizia e alle (ri) costruzioni: la messa in sicurezza, a tappeto, con la ristrutturazione antisismica e di miglioramento dell’efficienza energetica di tutti gli edifici pubblici, scolastici e sanitari della regione. I soldi? Sappiamo dove trovarli, stop immediato e incondizionato a bretella Modena-Sassuolo, Cispadana, passante nord di Bologna, e tutte le altre opere analoghe. 

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