Il segretario del Carroccio dopo l'uscita di Bossi: "Non sono preoccupato. Noi parliamo sempre. Mi aspetto che si prosegua sulla strada intrapresa tanti anni fa: federalismo, modernizzazione, autonomia". La Padania contro il senatùr: "Serve un padre, non un padrone"
“Non sono per nulla preoccupato: l’unico effetto che hanno queste interviste è di danneggiare la Lega e di contribuire a rendere più difficile la vittoria ai ballottaggi”: lo ha detto Roberto Maroni commentando quanto detto da Umberto Bossi oggi a Repubblica che ha ripetuto ciò che il Senatur aveva già detto alcuni giorni fa al Fatto Quotidiano che peraltro aveva raccontato anche come il partito “tagli i viveri” al Senatur. “Maroni è un traditore” ha detto il presidente del Carroccio. Alla domanda se in questi giorni abbia parlato con Bossi, Maroni ha replicato “noi parliamo sempre, io sono tranquillissimo”. E a una ulteriore domanda, ovvero se si spieghi come mai Bossi lo attacchi così frequentemente, Maroni ha replicato sorridendo ai giornalisti “certo che me lo sono spiegato ma non ve lo dico”, prima di allontanarsi.
Il segretario del Carroccio rilancia: “Mi aspetto si prosegua sulla strada intrapresa tanti anni fa dalla Lega, il federalismo, la modernizzazione l’autonomia per tenerci i nostri soldi. Questo resta l’obiettivo strategico, poi ci sono tanti modi per arrivarci”. E sulla macroregione “sono determinato ad andare fino in fondo”. Per arrivare all’obiettivo, ha spiegato Maroni, “abbiamo provato con la secessione, con l’indipendenza, con il federalismo, con e senza accordo con Berlusconi. Adesso la strada che ho indicato al congresso federale è quella della macroregione, una strada irta di difficoltà ma sono determinato ad andare fino in fondo”.
Ma ormai il sasso è lanciato e gli scontri interni che già negli scorsi mesi erano emersi giorno dopo giorno riesplodono: “Bisogna dare un ruolo a Bossi, visto che lo hanno relegato a un angolo del ring – dice Paola Goisis, bossiana espulsa dalla Lega che si era peraltro segnalata nella sorta di mini-rissa di Pontida – E’ evidente che mettono le mani avanti per attribuire la responsabilità della debacle della Lega a Bossi. Maroni e Tosi hanno già distrutto la Lega. La gente non è stupida e ha capito che quello che è successo è stato un attacco organizzato contro Bossi. Tosi lo ha detto chiaramente che è ora di mettere da parte il simbolo della Lega”.
Sergio Divina, vicecapogruppo al Senato, cerca di ricondurre tutti alla ragione: “Tra Bossi e Maroni – dichiara – si sta procedendo su un terreno di reciproche incomprensioni: è arrivato il tempo che trovino modo di guardarsi negli occhi e parlarsi”. Per il senatore “tutti e due lavorano da anni per un progetto politico, dimostrando di essere legati al futuro del partito. Non è possibile che ora emerga il contrario”. “Bossi per noi tutti è il padre spirituale, il padre fondatore della Lega – prosegue Divina – e se, sul piano delle esigenze specifiche, se Bossi ha bisogno di maggiore attenzione e riguardo, nessuno di noi avrebbe la spudoratezza di negarglielo. La Lega deve tornare a parlare all’unisono, che è la precondizione per tornare al successo”. Quanto alla possibilità che il Senatur dia battaglia per riprendersi il partito, Divina si mostra perplesso: “Non credo. Nel congresso dell’anno scorso Bossi fece un gesto di grande responsabilità e si richiamò a Re Salomone… Non volle rompere il partito. Conseguentemente -conclude- sta a noi tutti essere in grado di lavorare per assicurare il successo del progetto del Carroccio”.
In serata, a difendere le posizioni del segretario contro il padre fondatore arriva il “timbro” dell’organo ufficiale del partito, La Padania: ‘Lavorare tanto e parlare poco. Tutto per il nord’ è l’apertura annunciata per domani. Sotto, una immagine di Maroni sullo sfondo dello slogan ‘Prima il nord’. E un editoriale del direttore Aurora Lussana, che si rivolge a Bossi col titolo ‘Serve un padre e non un padrone’.