Scuola

Omesessualità, i tabù della scuola

Ancora un ragazzo che tenta di farla finita perché gay. Un sedicenne che si lancia dal balcone della scuola durante l’intervallo. Forse non ha scelto a caso quel luogo che lo avrebbe dovuto accogliere, comprendere. E’ accaduto nei giorni scorsi a Roma all’istituto nautico Colonna. Prima di lanciarsi nel vuoto ha detto all’amica del cuore: “Solo tu e mia madre mi capite, ma io non posso andare avanti così. Voglio morire”. Qualche giorno prima su Facebook aveva scritto: “Basta, non ce la faccio più davvero. Adesso mi prendono in giro anche sulla metropolitana”. Ma nessuno sembra essersi accorto. Il preside dell’istituto ha detto che il ragazzo non ha mai mostrato segnali di disagio e per i compagni del ragazzo ha previsto l’arrivo in classe dello psicologo di turno. Qualche giorno fa un 17enne aveva scritto una lettera a La Repubblica: “Io sono gay, ho 17 anni e questa lettera è la mia ultima alternativa al suicidio in una società troglodita, in un mondo che non mi accetta sebbene io sia nato così”.

Ora mi chiedo: ma dov’è la scuola? Dov’erano gli insegnanti del ragazzo di Roma per non vedere il disagio di quel sedicenne? Perché in quella scuola non si è mai affrontato questo tema? Nelle classi parlare di gay resta un tabù. Vietato. Le parola sesso e ancor più omosessuale sono vietate. Qualche anno fa in una classe quinta della primaria lessi un articolo che parlava di uno studente americano che si era gettato dalla finestra perché l’amico l’aveva sorpreso a baciarsi con un compagno e l’aveva fotografato. Il giorno seguente mi ritrovai a scuola otto mamme: “La prego non parli più di queste cose. Sono troppo piccoli”. Ricordo che dopo aver spiegato a queste donne che proprio i loro figli si prendevano in giro con parole come finocchio, gay, ricchione, feci una provocazione lasciandole attonite: “Ma voi sapete che uno dei vostri figli potrebbe essere omosessuale?”. Al giorno d’oggi la stima dell’ “uno su venti” è stata adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Abbiamo tremendamente bisogno di cambiare il dizionario della scuola: dobbiamo iniziare a parlare di omosessualità già alla scuola primaria dove secondo una ricerca condotta sull’indice della presenza reale del fenomeno del bullismo omofobico il 13,9 % dei ragazzi della primaria si è sentito preso in giro con parole come frocio; mentre nella secondaria di primo grado il 9,5% e alle superiori il 2,9%.

Ecco perché l’altro giorno ho letto con i miei ragazzi l’articolo che parlava di questo ragazzo che ha tentato il suicidio. Le prime volte che ho parlato di gay anche nella mia classe spuntavano i sorrisetti: nessuno aveva mai parlato loro di questi argomenti. Ora non capita più.

Un’Italia che aspira ad avere una legislazione che assicuri il diritto al  matrimonio gay e le adozioni per le coppie omosessuali deve partire dalla scuola.