Per rendere più appettibile il progetto sanitario Cerba vitale per il recupero di 340 milioni di crediti bancari, i curatori fallimentari chiedono di inserire opere di housing sociale per accedere a finanziamenti della Cdp. No di Palazzo Marino che ricorda l'esistenza di un'inchiesta penale
Cerba e Città della Salute. Due partite sanitarie incrociate e dai destini incerti, in cui si inseriscono gli interessi del mattone e delle banche. E ora pure un possibile intervento della società pubblica che gestisce i risparmi postali degli italiani, la Cassa depositi e prestiti. Almeno questa è la speranza dei creditori del gruppo Ligresti, dopo il fallimento di Imco e Sinergia, le due holding del costruttore siciliano proprietarie dell’area di Milano destinata al Centro europeo di ricerca biomedica avanzata di Umberto Veronesi. Un progetto per il quale i curatori fallimentari hanno richiesto all’amministrazione comunale alcune modifiche, come la trasformazione in housing sociale dei 40mila metri quadri di residenze che nel piano originario avrebbero dovuto invece essere destinate a medici, ricercatori e pazienti. La variante, per la Fondazione Cerba, ha lo scopo di rendere l’operazione finanziabile dalla Cdp con un fondo dedicato all’housing sociale. Ma per Palazzo Marino il progetto, nato con fini scientifici e non di speculazione immobiliare, verrebbe così snaturato. Questo il senso delle parole del vicesindaco Ada Lucia De Cesaris davanti alla commissione Sanità del consiglio regionale lombardo.
Intorno al Cerba ballano 340 milioni di euro di crediti vantati dalle banche verso il gruppo Ligresti, con Unicredit a fare da capofila con circa 180 milioni. Tutto denaro più facile da recuperare qualora l’operazione fosse sostenuta anche dalla Cdp. Ma sul progetto, che è già in forse, grava anche l’inchiesta della Procura milanese sul crac Ligresti. “A lato della vicenda c’è un procedimento penale che sta approfondendo aspetti paralleli, che non riguardano il Cerba, ma che potrebbero incidere sull’operazione”, ha ricordato De Cesaris, che ha riferito di essere già stata ascoltata dai magistrati. La questione giudiziaria è piuttosto spinosa, anche perché il tribunale fallimentare ha ipotizzato nei mesi scorsi che le banche creditrici abbiano messo in atto “una più ampia operazione depauperatoria del patrimonio dell’impresa fallita”.
Sulla vicenda del Cerba pende poi una diffida dell’amministrazione comunale, che ha dato tempo tre mesi per la firma della convenzione legata al programma integrato di intervento sull’area. La scadenza è a fine giugno, dopo di che, a meno di un accordo con il comune, il progetto salterà e i terreni torneranno di pertinenza del Parco Sud. “Dopo il fallimento, manca ancora un soggetto attuatore – ha ricordato De Cesaris durante l’audizione – e il progetto è al momento gestito dai curatori fallimentari, che non hanno alcun potere di firmare atti. E’ invece necessario un soggetto che possa firmare la convenzione e sia capace di attivare la fideiussione di 86,5 milioni di euro che è stata prevista”.
Insomma, finché le banche creditrici, Unciredit e Bpm in testa, non presenteranno la proposta di concordato fallimentare tante volte annunciata ma mai avanzata e finché tale proposta non verrà approvata dal tribunale fallimentare, la convenzione non potrà essere siglata. A complicare ancora di più la situazione, le richieste avanzate dai curatori per rendere finanziariamente più appetibile l’operazione alle quali Palazzo Marino ha risposto picche. Non solo è stata infatti rigettata la proposta sull’housing sociale, ma anche quella di accorpare in un unico centro commerciale 1.500 metri quadri dei 7.000 destinati a negozi. E intanto il tempo passa e le scadenze si avvicinano, anche se il Comune potrebbe comunque decidere di concedere una proroga. Purché il progetto originario non venga snaturato.
Nella disponibilità di Palazzo Marino sperano Andrea Novarese e Maurizio Mauri, amministratore delegato e direttore generale della Fondazione Cerba, anche loro intervenuti oggi in Commissione. Una presentazione “affascinante” la loro, ha commentato più di un consigliere regionale. Ma il futuro del Cerba dipende anche dalle decisioni che la giunta di Roberto Maroni prenderà sulla Città della Salute, il mega ospedale che Roberto Formigoni ha destinato all’ex area Falck di Sesto San Giovanni poco prima di lasciare il Pirellone. Qui dovrebbero venire accorpati l’Istituto neurologico Besta e l’Istituto nazionale dei Tumori. Novarese e Mauri hanno invece messo sul tavolo la loro disponibilità a ospitare il Besta all’interno della struttura di Veronesi. In tempi di crisi è difficile che ci sia spazio per realizzare sia il Cerba che la Città della Salute, che dovrebbe venire finanziata dalla Regione con un fondo di rotazione da 330 milioni di euro, per un investimento totale di 450 milioni, tra finanziamenti pubblici e privati.
Fare saltare la Città della Salute vorrebbe però dire mettere a rischio tutta l’operazione immobiliare dell’ex area Falck, che ha proprio nel mega ospedale il suo volano principale. E vorrebbe dire colpire, anche in questo caso, gli interessi delle banche. Soprattutto di Intesa Sanpaolo, che vanta crediti per 300 milioni di euro verso la Sesto Immobiliare di Davide Bizzi, proprietaria dei terreni. Sul delicato equilibrio tra banche, mattone e sanità si muovono Maroni e il suo assessore alla Sanità Mario Mantovani. Dopo i dubbi che hanno espresso negli ultimi giorni. E dopo lo scontro tra Risanamento, la precedente proprietaria dell’area controllata dalle onnipresenti banche, e Sesto Immobiliare, che settimana scorsa ha chiesto l’annullamento del contratto di compravendita. Il motivo? Con le nuove prescrizioni del ministero dell’Ambiente i costi della bonifica sono quasi triplicati. Fino a raggiungere i 400 milioni di euro.
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