In questo momento di forte crisi dell’auto, c’è un segmento che va meglio degli altri e conferma un trend positivo che dura da anni: quello dei Suv. Gli sport utility vehicles, come li hanno definiti i sempre pragmatici americani: cioè veicoli (non cars, auto) buoni per ogni evenienza, capaci di portarti a fare surf sulle spiagge californiane o sugli spiaggioni dell’Oregon, capaci di affrontare le strade ghiacciate del Nord Dakota o del Minnesota, o di salire su nel Maine e nei boschi dell’Acadia National Park se abiti a New York con dentro tutta la famiglia, compresa l’ attrezzatura per l’outdoor. E con il Suv fai anche tutto il resto, compreso girare per Manhattan e andare a una “prima” a Broadway.

Il Suv nasce dal pick-up, straordinario mezzo tipicamente yankee, mezza auto e mezzo autocarro, con i lati positivi dell’una e dell’altro. Esistono dagli Anni ’60, come la Chevrolet El Camino, la Ford Ranchero, per citare due modelli classici che fanno impazzire i cultori del genere. Una volta chiuso il cassoncino posteriore dentro a una carrozzeria è nato un segmento, che nel modello Ford 150 (nelle sue infinite versioni) – il veicolo più venduto in assoluto nell’America degli ultimi decenni – ha trovato un convincente ambasciatore. Insomma: grande, comodo, pratico, efficace. Oggi, contando sulla tecnologia europea e giapponese, è anche sicuro (ci furono campagne negli Stati Uniti che denunciavano la non proprio straordinaria capacità di tenuta di strada dei grossi Suv americani). 

Il fuoristrada esiste da sempre anche da noi, fin dai tempi della gloriosa Campagnola, a suo modo lontana parente dei Suv moderni, ma era roba destinata a geometri da cantiere e montanari, che di un mezzo capace di arrampicarsi ovunque avevano davvero bisogno. Si scopriva, però, qualcosa che gli americani avevano capito molto prima: che avere un mezzo con più spazio, una guida appena ‘sopraelevata’,  qualche capacità fuoristradistica ma interni e guida da auto, non da camion, era piacevole. Così si è passati da un uso professionale ad un diffuso uso civile.

Una diffusione inarrestabile, sembra, in aperta contraddizione con l'”antipatia” che solo la parola Suv suscita. I dati parlano chiaro. A marzo-aprile gli sport utililty vehicles  hanno rappresentato circa il 18% delle vendite generali di auto, al pari, più o meno, con le citycar, ma hanno venduto più delle compatte (attestate al 15%), e delle monovolume (circa il 12%) e quattro volte tanto le auto medie (ferme al 5% circa). Mentre le sportive non hanno superato l’1%. 

Nel 1998 i Suv erano il 2,6% del totale delle immatricolazioni. Nulla. Nel 2004 la percentuale si è attestata sul 5,5 %, attualmente sfiorano il 10%, forse più, ma quel che conta è che sono in continuo aumento. Le taglie forti (Porsche Cayenne, Bmw X5, Audi Q7) hanno meno successo colpite dalle nuove tasse, tanto che anche la Cayenne ha dovuto convertirsi al diesel e perfino all’ibrido riducendo i cavalli (anche se Lamborghini ha confermato il suo super-Suv Urus per il 2017, per esempio, e Bentley ha in mente progetti simili) e i dati del successo riguardano i Suv compatti. Carrozzeria intorno ai 4 metri, motori meno esibizionisti (gli stessi montati sulle auto “normali”) e prezzi meno impossibili. Spesso semplicemente con 2 ruote motrici.

La classifica, riferita al mese di febbraio delle vendite in Italia, è infatti totalmente occupata da quelli di taglia media, con la Volkswagen Tiguan al primo posto seguita dalla classicissima Toyota Rav 4, poi dalla Land Rover Evoque, protagonista di un grande successo, dalla Bmw X3, dalla Ford Kuga, dalla Audi Q3. Poi viene la Fiat Freemont, seguita dalla Audi Q5, dalla Bmw X1 e ultima la Mini. Il Suv dei record, il più “povero” sul mercato, la Dacia Duster pubblicizzato a 11.900 euro non compare tra i primi dieci, ma la presenza sul mercato di un Suv low cost è significativa.

Eppure il Suv utilizzato da calciatori e ricchi di ogni genere è un’immagine quasi indelebile nell’opinione pubblica. Assieme a episodi di pirateria stradale commessi con questi mezzi (ma quelli commessi con altri, city car comprese, non suscitano lo stesso risentimento), hanno scatenato l’antipatia motoristica del secolo. Le accuse sono circostanziate. Troppo lunghi, larghi e alti, hanno motori troppo potenti, si dice. Ma a voler guardare e prendere il metro ci sono station wagon più lunghe e monovolume più grossi di qualunque Suv.  E i motori sono più pacati di quelli di qualunque supercar. In realtà quella dei Suv oggi è una grande categoria, come gli altri segmenti: ci sono modelli da 1600 cc a prezzi low cost, sino a supercilindrate imbarazzanti. Così anche l’accusa generalizzata di inquinare come camion è superficiale: in realtà devono rispettare le normative europee sino all’ultimo, sui gas di scarico e il resto, come tutti i veicoli. 

E sui consumi? Molto spesso utilizzano i motori montati sulle auto “normali” e nel caso di cilindrate alte molti modelli propongono raffinati e moderni sistemi ibridi. In generale è vero che dovendo muovere masse più importanti, a parità di cilindrata, consumano di più: lo spazio si paga. Ma il mercato è il mercato e Case automobilistiche “insospettabili”, come Citroen, Opel, Peugeot, Ford, Skoda, ma praticamente tutte, perfino la Fiat dopo tanto tempo di colpevole assenza dopo la Campagnola, oggi tornata sul mercato con la Freemont (neanche a volerlo un Suv americano) hanno già in listino Suv piccoli o medi e ne annunciano altri. La Ford proporrà la EcoSport, Skoda affincherà la sua Yeti con un modello derivato dalla piattaforma Audi A3, Toyota ha in programma una Rav 4 elettrica, ci sarà un’Audi Q2, Volkswagen farà due modelli di fascia inferiore alla Tiguan probabilmente su base Polo, la Nissan produrrà la S-Cross-4, la Honda ha in progetto un Urban suv, persino l’Alfa ha annunciato un Suv sviluppato sulla base allungata della Giulietta, Renault avrà la Captur su base Clio, Mercedes ha mostrato a Shanghai la sua Gla, anche Porsche si ridimensionerà con la Macan.

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