Sono in viaggio, dunque mi ripropongo di argomentare in maniera più puntuale e argomentata, come troverò sosta e uzzolo, a questo post. Pur non essendo esperto di chimica computazionale, non scrivendo libri e quindi avendo schivato qualche ospitata televisiva, mi sono attentato a scrivere di qualità nutrizionali dei prodotti biologici, peraltro riportando i risultati degli studi commissionati dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali il 6 dicembre dello scorso anno. Che potete leggere qui.

Senza interessi di parte in materia, e con una certa non refrattarietà all’argomentazione logica (di cui si può chiedere attestazione a una non satellitare università italiana che mi ha recentemente chiesto di collaborare, altro che fede o vino ahimè!), ho stimato importante riportare il contenuto di studi, e non comparazioni di studi altrui, che differissero dai risultati delle due rassegne sistematiche sul biologico, i cui criteri di inclusione sono peraltro stati criticati da alcuni ricercatori. 

Ad esempio in uno di questi studi diretti tutti italiani, Biopomnutri, emerge chiaramente che “i pomodori biologici freschi, seppure trasformati, sono più ricchi in antiossidanti (vitamina C) e polifenoli, per la naturale risposta della pianta allo stress nutrizionale da coltivazione biologica, in seguito alla somministrazione di concimi minerali di rapida assimilazione pratica, invece, consentita nella coltivazione convenzionale”.

Il valore degli antiossidanti e polifenoli per l’organismo è ormai noto. Dunque ci sono studi italiani che mostrano significative differenze nella qualità nutrizionali dei prodotti biologici rispetto ai convenzionali. E si spera fatti da scienziati competenti che non lavorino per università con assegni di ricerca finanziati dalle più potenti multinazionali di sementi e pesticidi, quale la Novartis. Questo anche è un aspetto da valutare. E seriamente…

Comunque se le differenze nutrizionali non fossero statisticamente significative, non sarebbero nemmeno state considerate. Pertanto affermare che non ci siano studi con dati a riguardo è una cazzata, dato che l’ultimo è stato concluso a gennaio 2013.

Quanto poi al mio post sui risultati dell’altra comparazione di studi, quella del CRA-ex INRAN, ho voluto riportare come la linea ufficiale dell’ex Istituto preposto alla ricerca degli alimenti e nutrizione fosse cambiata. Se poi i risultati annunciati dal CRA, contraddicono le loro stesse analisi comparative, allora qualcuno potrà vederci un “gomblotto”, altri ancora propaganda fide. Io ci vedo solo o confusione o conflitto di interessi.

Quanto agli argomenti di cui dovrei occuparmi, occupandomi già solo di cose che seguo non per diletto ma per mestiere, sono alquanto renitente ad accettare i consigli di chi scrive che “Il confronto tra agricoltura biologica e convenzionale si può fare su vari livelli. Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, delle rese, dei residui di pesticidi, degli effetti sulla salute oppure del contenuto nutrizionale”… ma poi è lo stesso che scrive del consumo di latte senza considerare uno degli aspetti fondamentali su cui si regge, cioè che il consumo ordinario di latte è fondato sulla pratica degli allevamenti intensivi. Gli stessi che hanno elevatissimo impatto ambientale e sono causa indiscussa di decadimento nutrizionale, e aumento della resistenza antibiotica nella catena alimentare.  Almeno fossero biologici… Che poi c’è biologico e biologico è ovvio quanto che il biologico non sia una panacea.

Del resto il solo fatto che il biologico limiti l’uso di pesticidi è sufficiente a scrivere che fa “vivere meglio e più a lungo”: anche solo gli agricoltori. Senza considerare che i residui su prodotti ortofrutticoli in Italia sono calcolati in base a limiti di legge valutati sulla loro pericolosità rispetto all’organismo umano adulto. Ma non è questo il punto oggi.

Il punto è che, per citare un altro studio del 2004 sovvenzionato dal MIPAAF  “lo studio condotto sul confronto fra la capacità totale antiossidante, espressa in unità ORAC degli alimenti forniti a pazienti con nefropatia cronica, ha evidenziati una superiorità del prodotto biologico. Come per i soggetti sani, anche per i soggetti uremici, è stato possibile concludere che l’alimentazione biologica induce un maggior apporto di antiossidanti che incrementano la capacità antiossidante ematica totale”.

“Vattela a leggere no?”

 “Concludo, per ora, con la solita citazione: “Coloro che dicono che non bisogna diffondere dottrine, si riferiscono di solito a dottrine contrarie alle loro”.

Pace e bene.

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