Roberto Fico, del Movimento 5 Stelle, neo eletto presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai forse non lo sa ancora. Ma nella “sua” bicamerale ci sono parlamentari che odorano fin troppo di conflitto d’interessi. In alcuni casi visibile ad occhio nudo (come per Augusto Minzolini, ancora in causa con la Rai per essere reintegrato al Tg1 come direttore), in altri mascherato da “evidente professionalità ed esperienza” sotto cui si cela, invece, un vero interesse privato. Stiamo parlando di Maurizio Rossi, senatore di Scelta Civica ed editore di Primo Canale, un consorzio di tv private liguri che lui sostiene di aver dato in gestione a terzi proprio per non essere accusato di conflitto d’interesse.
Problema: Rossi è tutt’ora il proprietario di Primo Canale e il fatto che abbia lasciato momentaneamente in mano a terzi la gestione diretta delle sue tv (secondo lui si tratta del «primo caso di “blind trust” effettivo») non significa affatto che non continui ad avere a cuore il successo e la crescita della creatura mediatica a cui ha dedicato 30 anni della sua vita professionale. Chi conosce bene Rossi, però, racconta che l’imprenditore non ha mai fatto mistero di avere un obiettivo preciso, quello di sottrarre alla Rai uno dei cardini su cui si fonda il contratto di servizio della tv pubblica con lo Stato: l’obbligo di irradiazione del segnale su tutto il territorio nazionale. Perché? Perché punta a dare in gestione quella fetta di “territorio televisivo” ai consorzi delle tv private. Che, quindi, potrebbero stipulare a loro volta dei veri contratti con lo Stato per coprire con un segnale tv quella fetta di territorio che, casomai per colpa di un digitale terrestre che non ha mai funzionato a dovere, non è mai stato servito dalla Rai come il contratto di servizio vorrebbe.
Ora, è sicuramente possibile che Rossi, in quanto neo commissario della Vigilanza Rai, commissione chiamata a valutare con il Ministero dello Sviluppo Economico il rinnovo del contratto entro il 2016, si “dimentichi” dell’antico progetto con le altre tv private, blindando virtualmente anche quello insieme alle sue aziende dentro il famoso “primo blind trust effettivo”. Ma il sospetto che, invece, possa utilizzare proprio lo scranno di San Macuto come posizione di privilegio per indirizzare la discussione sul contratto della tv pubblica in senso opposto da quello di una ulteriore valorizzazione del servizio pubblico tv, è cosa che in Liguria sospettano in tanti. E non solo in Liguria.
C’è anche un altro aspetto, non secondario, nella questione. Che una rottura, anche parziale, dell’attuale ossatura del contratto di servizio della Rai con lo Stato penalizzerebbe, forse in modo definitivo, la tv pubblica, con grande soddisfazione del Cavaliere e di Mediaset: se si depotenzia la Rai, è noto, Berlusconi è sempre contento. Di qui un altro sospetto: che la posizione del senatore Rossi possa saldarsi con quella, già ampiamente nota, dei “pesi massimi” messi dal Cavaliere in Vigilanza, come Maurizio Gasparri, il fedelissimo Paolo Bonaiuti, l’ex ministro Paolo Romani, l’ex capo ufficio stampa del Pdl, Luca D’Alessandro. E che, insomma, a rimetterci sia la tv pubblica, schiacciata da un lato dal volere di Fico di rivoltarla come un calzino, a partire da un’indagine sugli stipendi interni, e dall’altra da una serie di interessi “privati” (personali e non) di alcuni commissari che mirano a ridurne definitivamente la prospettiva di sviluppo; insomma, non c’è male per un organismo che dovrebbe, al massimo, dare indirizzi alla Rai per la salvaguardia del pluralismo. Per questo, i sindacati interni di viale Mazzini sono già sul piede di guerra. In attesa della prima mossa…