Save our seeds: "Così si avvantaggiano multinazionali come la Monsanto e Dupont Pioneer, le uniche in grado di percorrere l'iter amministrativo determinato dalla nuova normativa"
La nuova proposta Ue sulla commercializzazione di sementi e materiali di propagazione vegetale mette sotto scacco il biologico? Meglio non saltare subito alle conclusioni, ma di sicuro tra gli addetti al settore la paura è tanta. La Commissione europea ha recentemente pubblicato una proposta di nuovo regolamento del settore che ha come scopo ufficiale quello di rendere più sicura l’agricoltura europea e abbattere la burocrazia. Ma ecco che alcune Ong e associazioni di categoria parlano di regalo alle multinazionali, mortificazione dei piccoli coltivatori e addirittura di cavallo di troia degli Ogm.
Si tratta della proposta di regolamento europeo “Seed and plant propagating material”, che dovrebbe raggruppare le 12 direttive oggi vigenti in materia in un unico regolamento che entrerà in vigore nel 2016 (dopo aver attraversato le varie fasi del lungo processo legislativo comunitario). Sì perché quelle della salute pubblica e delle attività produttive ad essa collegate sono tra le normative europee più corpose e complesse, sia per la delicatezza della materia che per la difficoltà di stabilire standard utili per 27 Paesi diversi. Tra i capisaldi di questa proposta troviamo un miglioramento del sistema di registrazione delle sementi utilizzate in Europa, l’istituzione di un organo di controllo che analizzi e approvi ogni pianta e seme coltivati e maggiori controlli per quanto riguarda la coltivazione industriale.
Quanto basta per far saltare sulla sedia tutti quei piccoli coltivatori e soggetti di mercati di nicchia, come quello del biologico non di vasta scala, che i semi li scambiano al mercato e li conservano per la semina successiva. La Ong tedesca Save our Seeds, ad esempio, ha parlato subito di “regalo fatto a multinazionali come la Monsanto e Dupont Pioneer”, le uniche in grado di percorrere l’iter amministrativo profilato dalla nuova normativa, se non fosse altro che per una questione di costi. “Con la scusa della semplificazione, della difesa della biodiversità e della tutela della piante, questa proposta consegna nella pratica tutte le sementi europee nelle mani dell’industria e dei loro certificati e brevetti”, denunciano le associazioni di categoria Réseau semences paysannes e la Coordination Européenne Via Campesina.
Il primo passo verso l’istituzione dei brevetti per tutti i semi. Non ha dubbi Benedikt Haerlin della Sos, secondo il quale questa proposta va guardata alla luce degli scenari futuri che si delineerebbero nel mercato europeo, ovvero porte aperte alle grandi multinazionali. Per l’associazione, infatti, la paura maggiore si chiama appunto Monsanto, protagonista assoluta del modello agricolo americano dove tre multinazionali controllano la metà dell’intero mercato di semi.
Ovviamente parlare della Monsanto vuol dir parlare di Ogm. Non è un segreto, infatti, che i semi maggiormente controllabili e lucrativi per questi giganti dell’agricoltura siano quelli geneticamente modificati. Solo per fare un esempio, negli Usa il 93% dei fagioli di soia sono Ogm. E nonostante il passo indietro fatto dalla Monsanto in Europa annunciato proprio in questi giorni, il vecchio continente costituisce da sempre un mercato più che ghiotto per la multinazionale americana. Non a caso Greenpeace riferisce che la società sta cercando di registrare un centinaio di brevetti di semi proprio in Europa, una dozzina dei quali sono stati già accettati.
Ma come detto, stiamo parlando di scenari futuri. Solo una cosa è per il momento certa: almeno i piccoli coltivatori che producono per uso privato possono stare tranquilli, visto che la proposta della Commissione si applicherà solo a chi coltiva a scopi commerciali. Nelle prime ore dopo la presentazione della proposta della Commissione, anche i proprietari di piccoli orti e giardini privati avevano infatti temuto il peggio. Me se loro possono dormire sonni tranquilli, non vale lo stesso per chi di agricoltura prova a camparci, tant’è che le associazioni di categoria italiane invitano Bruxelles a fare chiarezza sui risvolti pratici sull’attività degli agricoltori e sui costi aggiuntivi che questo nuovo regolamento comporterebbe.
@AlessioPisano