Il Presidente della Repubblica è arrivato in città per assitere al concerto dell'amico Claudio Abbado. Ad accoglierlo Vasco Errani, presidente dell'Emilia Romagna, Beatrice Draghetti, presidente della provincia e il sindaco Virginio Merola. Nessun incontro invece con l'ex candidato al Quirinale
Non è chiaro il perché, ma è certo che i due abbiano evitato di incontrarsi. Romano Prodi e Giorgio Napolitano, arrivato a Bologna per una visita privata domenicale in occasione di un concerto del suo amico Claudio Abbado, non si sono mai incrociati, neppure per sbaglio, nonostante entrambi fossero in città nelle stesse ore e nonostante non mancassero le occasioni. Invece, dall’arrivo del presidente della Repubblica a mezzogiorno fino a sera i due hanno vissuto giornate parallele. Nessun contatto, trapela dall’entourage del Professore.
Eppure, nonostante il carattere privato del viaggio bolognese, la giornata dell’inquilino del Quirinale è stata tutt’altro che solitaria. Arrivato in treno accompagnato dalla moglie Clio, dal consigliere Carlo Guelfi e sua moglie, e dalla signora Marina, vedova di Antonio Maccanico, Napolitano è stato ricevuto alla nuovissima stazione Alta velocità dal presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani, da quello della Provincia Beatrice Draghetti e dal sindaco di Bologna Virginio Merola. Insieme sono andati a mangiare tortellini in brodo e tagliatelle al ragù Da Cesarina. Non un ristorante qualunque, ma quello preferito da Romano Prodi, che abita con sua moglie Flavia a 50 metri di distanza, appena oltre piazza Santo Stefano. Tuttavia la visita durante il pranzo che cronisti e fotografi attendevano non c’è stata: dell’ex premier nemmeno l’ombra.
In quelle ore infatti Prodi era lì vicino, 20 minuti a piedi, nel quartiere Cirenaica, il rione popolare dove per anni ha abitato Francesco Guccini. L’ex presidente del consiglio ha passato diverse ore tra le bancarelle di una manifestazione multietnica in compagnia del ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge. Un’improvvisata, pare. Ha pranzato tra la gente seduto al tavolo con la politica di origine congolese, è salito sul palco della manifestazione con lei. “Lo ius soli serve al Paese”, ha detto sposando la causa del ministro.
Il presidente della Repubblica invece dopo un riposo pomeridiano all’Hotel Novecento ha fatto visita a una mostra sul 2 giugno 1946 organizzata dal prefetto Angelo Tranfaglia. Per strada la gente lo ha salutato, lui si è fermato a firmare autografi e persino a farsi fotografare con chi lo chiedeva. Pur evitando di rispondere alle domande dei cronisti, ha voluto comunque far sentire alla città la sua presenza. Poi in serata è andato al Teatro Manzoni per ascoltare Abbado alla direzione dell’Orchestra Mozart. Ad attenderlo tutte le autorità e il ministro della Cultura, Massimo Bray.
Prodi di nuovo non c’era, né a teatro né alla cena a palazzo Pepoli che, dopo il concerto, l’ex rettore Fabio Roversi Monaco ha offerto al maestro Abbado e al Capo dello Stato. Il Professore in quelle ore – non è chiaro se sia stato invitato o meno – era ed è rimasto nella sua casa di via Gerusalemme.
Quali siano al momento i rapporti tra i due, che lavorarono assieme nel primo governo Prodi, non è chiaro. Dopo la rielezione di ‘re Giorgio’ al Colle, arrivata il giorno dopo il grande tradimento con cui 101 franchi tiratori del Pd hanno bruciato la candidatura del Professore, quest’ultimo aveva mandato i suoi auguri per il secondo mandato. Poi il 29 aprile un breve incontro al Quirinale, da tempo concordato, liquidato con un comunicato stampa laconico: “Il Presidente della Repubblica ha ricevuto Romano Prodi, che lo ha ragguagliato in merito alle sue attività di inviato speciale Onu per il Sahel”. Niente più.
Il capo dello Stato a Bologna non ha voluto parlare di politica in pubblico. In mattinata era uscita un’intervista con Eugenio Scalfari in cui Napolitano parlava delle riforme: “Sono stato quasi costretto ad accettare la candidatura a una rielezione”. Prodi suo mancato successore, ancora sabato aveva negato di pensare alla politica attiva, nonostante ci sia chi giuri che invece scaldi i motori ancora per il Quirinale, soprattutto nel caso in cui Napolitano lasciasse anticipatamente.