Non poteva esserci cornice migliore di Trento e del suo festival per ospitare Andy Haldane, Executive Director for Financial Stability alla Banca d’Inghilterra, membro del Comitato Esecutivo di Basilea III e nel Board di Inet (Institute for New Economic Thinking) voluto e creato da George Soros, Jim Balsillie, Bill Janeway, e con un gruppo di consiglieri che include fra gli altri 6 premi Nobel per l’economia nel 2012.
Non poteva esserci cornice migliore perché, proprio nella città del Concilio, Haldane ha sferrato un attacco deciso e argomentato al mondo della finanza attuale, chiedendo a tutti gli effetti una contro-riforma che possa, una volta per tutte, gettare le basi per la regolamentazione dei mercati.
Sappiamo tutti che la crisi del 2008 è nata come collasso finanziario di alcuni tra i più grandi istituti al mondo: American International Group, Bear Stearns, Lehman Brothers, Countrywide Financial, Washington Mutual, Wachovia, Northern Rock e Landsbanki. La metastasi dei derivati e dei mutui sub-prime ha messo in evidenza le pecche di un sistema di controllo inefficace, solleticando il moral hazard degli investitori che, certi del bail out dei governi costretti all’azione, non hanno fatto altro che spalmare il rischio delle loro ardite operazioni su una moltitudine di contribuenti indifesi. Il tutto al salato prezzo di una crisi sistemica che ha prodotto fallimenti a catena di attività imprenditoriali, milioni di disoccupati, una recessione persistente di cui si fatica a intravedere la fine. (Per rivedere i meccanismi della crisi clicca qui).
Bene, la crisi più grave dal dopoguerra ad oggi ancora attanaglia le economie mondiali e cosa è stato fatto per regolamentare la finanza? Haldane ha dato una risposta chiara, argomentando in modo compiuto la sua posizione: “Poco o niente”. Haldane ha incentrato la sua lezione sul pernicioso ragionamento del Too Big To Fail (TBTF). Si tratta dei mastodontici istituti finanziari sovra-dimensionati che legano a doppia mandata il loro destino a quello delle economie dei Paesi in cui operano, con capitalizzazioni iperboliche tali che un eventuale loro fallimento si tradurrebbe in un infarto al Pil.
Questi Leviatani sono quanto di più distante da ciò che servirebbe per aumentare l’efficienza dei mercati. Più che TBTF, sono TBTM (Too Big To Manage), e TBTJ (Too Big To Jail), come ha dichiarato il Procuratore Generale degli Stati Uniti Eric Holder.
Tre sono i disastri che le banche ciclopiche producono a livello di sistema:
a) Irridono con la loro stessa esistenza la nozione di ‘libero mercato’
b) Un loro fallimento può scatenare una crisi finanziaria globale, con tutti i rischi che ciò comporta
c) Il potere economico-finanziario di questi istituti è tale da trasformarsi, de facto, in potere politico, condizionando le nostri fragili democrazie e dando vita a un capitalismo clientelare
Haldane ha lanciato un campanello d’allarme, soprattutto sull’insufficienza delle misure proposte per la regolamentazione dei mercati finanziari: Basilea III propone una percentuale di patrimonio di garanzia (partendo dal 3.5% per arrivare al 4.5% nel 2019). Il Piano Liikanen punta a riforme più strutturali, tese a separare le banche di investimento da quelle di deposito per razionalizzare il sistema bancario.
Un punto chiaro del ragionamento di Haldane, tuttavia, è che si tratta di misure troppo poco coraggiose. La coperta rimane corta, insomma, oppure, sempre per rimanere in clima Concilio, è come se un Braghettone riformatore si proponesse di coprire le nudità di un capolavoro perverso, in questo caso, della finanza mondiale.
Servono misure ben più radicali, dice Haldane, e molto più semplici. Un suo famoso articolo cita il cane e il frisbee con una metafora estremamente efficace. La traiettoria del frisbee segue dinamiche caotiche che non è possibile prevedere più facilmente, tanto che ha più probabilità di afferrarlo un cane, che ha struttura cognitive decisamente meno complessa di quella umana, e agisce più rapidamente.
Servono misure semplici, che limitino per legge la dimensione di questi istituti. E riducano anche le migliaia di pagine con cui, ancora oggi, le leggi sui mercati finanziari sono scritte in un linguaggio spesso incomprensibile.
Urge che la contro-riforma abbia inizio e che, potenzialmente, dato che il Concilio di Trento durò 23 anni (e quest’anno si celebra il 450esimo anniversario dalla chiusura del Concilio stesso), le misure vengano prese in modo decisamente più rapido, per il bene del sistema economico mondiale.
Luciano Canova