Il collaboratore di giustizia depone in videoconferenza al nuovo processo di Caltanissetta per la bomba di via D'Amelio. "Non ero ancora preparato a passare dalla parte dello Stato", ha spiegato, "ma ho inteso dare un indizio". Nessuno, però, gli ha chiesto dettagli fino al pentimento
“State facendo un grossissimo errore sulla strage di via D’Amelio, siate cauti”. Con questo allarme, che oggi ha ricordato in aula al processo per la strage del 19 luglio 1992, Gaspare Spatuzza aveva provato già nel 1997, prima di pentirsi, a dare un contributo all’accertamento della verità. Purtroppo solo dopo 16 anni e tanti gradi di giudizio e sentenze definitive basate su accuse false, le sue dichiarazioni complete hanno aiutato gli investigatori a ricostruire il quadro che oggi in aula è stato ridelineato sulla strage che costò la vita a Paolo Borsellino e ai cinque agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Spatuzza ha risposto alle domande del pm Domenico Gozzo. Presente in aula l’ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino, che si era autoaccusato falsamente del furto della Fiat 126 usata per l’attentato. “Sono stato abbandonato dallo Stato”, ha detto ai giornalisti presenti Vincenzo Scarantino, aggiungendo che sono in tanti oggi a volergli male per le sue accuse e successive ritrattazioni: “Ora ho più paura delle istituzioni che della mafia”, ha spiegato.
Solo dopo 15 anni Spatuzza, con la sua collaborazione, ha smontato le accuse di Scarantino e la sua ricostruzione dell’attentato. Quando Gozzo ha chiesto a Spatuzza se avesse avuto colloqui investigativi prima dell’inizio della sua collaborazione nel 2008, il collaboratore di giustizia ha risposto: “Ho avuto un colloquio investigativo ad agosto del 1997 con Pierluigi Vigna, procuratore nazionale antimafia (deceduto nel 2012, ndr). Loro hanno fatto di tutto per portarmi dalla parte dello Stato, ma io non ero preparato. Però già allora ho inteso dare un indizio se pur lieve per quanto riguardava la strage di via D’Amelio. Gli dissi che stavano facendo un grossissimo, grossissimo errore. Non ho voluto aggiungere nulla di altro perché se io avessi aggiunto un grammo in più mi mettevo in seria difficoltà. Ho cercato di mettere in guardia già nel 1997 le istituzioni. Gli ho detto: ‘Siate cauti sulla storia di via D’Amelio perché guardate che la storia non è così’. Però non ho sentito più a nessuno. Io li mettevo in guardia che questa Fiat 126 l’avranno anche rubata (i pentiti che si autoaccusavano, ndr) ma altri ragazzi (Spatuzza e i suoi, ndr) l’hanno rirubata. Facevo un’ipotesi, volevo dare un contributo se pur lieve, io tra l’altro entravo in carcere come indiziato di strage… purtroppo – ha concluso Spatuzza con tono triste – hanno seguito un altro… e oggi ci troviamo qui a fare tutto da capo. Poi ho avuto un altro colloquio investigativo sempre nel 2004 sempre con il dottor Vigna”.