No la tv pubblica greca non chiude per problemi di bilancio, che pure ci sono, ma per una precisa volontà politica che, non a caso, ha spaccato, il governo di unitá nazionale che vede insieme destra, socialisti e sinistra democratica. Il premier Samaras non ha esitato a a spaccare la sua maggioranza pur di assestare il colpo. Il primo è rivolto ad una emittente che, nonostante limiti e contraddizioni, ha tentato di dare voce e volto alle proteste sociali e di non cancellare radicalmente le opposizioni politiche e sociali.
Quel poco di pluralismo sopravvissuto è stato ritenuto eccessivo in una fase nella quale ai media è chiesto di organizzare il consenso e non di informare, questo non vale solo per la Grecia.
La decisione di spedire la polizia a spegnere i ripetitori ha tutto il sapore di una esibizione ricercata, di una intimidazione voluta, di una operazione paramilitare, tesa a spaventare i riottosi e quelli che ancora vorrebbero tenere in vita il pensiero critico. Per altro si tratta anche di una violazione dei trattati e delle direttive in materia di libertà di informazione e di salvaguardia del ruolo e della autonomia dei pubblici servizi.
Quelle istituzioni europee che hanno commissariato la Grecia chiedendo il rispetto dei parametri finanziari e monetari, faranno ora sentire la loro voce per chiedere di ripristinare lo spread dei diritti? Probabilmente no, perché la voglia di bavaglio, dentro e fuori la rete, sta riprendendo forza. Governi deboli hanno bisogno di colpire e di svuotare le funzioni di controllo, siano esse quelle dei Parlamenti, dei sindacati, della giustizia, della informazione. Le campane greche suonano per tutte e per tutti, anche per quei giornalisti italiani che hanno scoperto la Grecia solo in queste ore perché temono l’effetto contagio.
Nelle prossime ore ci sarà, ad Atene, una grande manifestazione, alla quale hanno aderito tutte le emittenti private, decine e decine di associazioni, migliaia di cittadine e di cittadini che hanno subito compreso la posta in gioco: la libertà di essere informati e la privatizzazione di un bene pubblico. Sarà il caso di non lasciarli soli e di far sentire il nostro “No Bavaglio anche in Grecia”, davanti alla ambasciata e ovunque sarà possibile, dentro e fuori la rete.
La Grecia è vicina, in tutti i sensi, e coloro che hanno fatto finta di non sapere, di non vedere, di non sentire, nella politica e nei media italiani, forse faranno bene a recuperare tutti i sensi. Se non per convinzione, almeno per convenienza!