A parlare Vitali Jaroshevskij, vice-direttore di Novaja gazeta, il quotidiano per cui la giornalista ha lavorato fino al giorno dell'omicidio, il 7 ottobre 2006. La targa è stata scoperta in zona Garibaldi alla presenza della sorella e del figlio: "Siamo orgogliosi di lei"
Due feste parallele a migliaia di chilometri di distanza. E dal sapore completamente diverso. “Di cosa essere orgogliosi della Russia?”, si chiede oggi la sorella di Anna Politkovskaja, arrivata a Milano per l’intitolazione di un giardino, in pieno centro, in memoria della giornalista uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006, proprio nel giorno in cui lo Stato presieduto da Vladimir Putin festeggia la “Giornata della Russia”, una delle principali feste statali del Paese. “Io in questa giornata di commemorazione nazionale, sono orgogliosa di mia sorella”, dice Elena Kudimova, rilevando come nella Capitale russa non ci sia una via, né un palazzo intitolato ad Anna Politkovskaja.
Vitali Jaroshevskij, vice-direttore di Novaja gazeta, quotidiano per cui la cronista lavorava, ha preso parte alla cerimonia di Milano, ricordando l’attenzione della giornalista per le sofferenze altrui, per i “bambini ceceni rimasti senza genitori e per le madri che da un giorno all’altro vedevano sparire i propri figli”, oltre che la critica costante ai comportamenti dell’esercito e del governo russo. Sulla Cecenia stava lavorando anche negli ultimi mesi prima della sua morte. L’associazione “Anna viva“ che promuove la libertà di stampa e la tutela dei diritti umani nell’Est Europa, ha raccolto 2.000 firme per promuovere l’intitolazione dello spazio pubblico in zona Garibaldi.
A sei anni di distanza, il suo omicidio è ancora irrisolto: il 21 giugno si riaprirà il processo dopo l’assoluzione dei tre imputati (due fratelli ceceni e un ex poliziotto) nel 2009. I familiari della giornalista e la pubblica accusa avevano fatto ricorso, facendo ripartire l’inchiesta. Si parla ancora di “presunti” esecutori e “presunti” organizzatori. Nessuna pista porta finora ai mandanti, ma i suoi colleghi continuano a pensare a un “omicidio politico”.