La denuncia di Bergoglio crea divisioni tra i religiosi. "Era ora" dice un vescovo; "quando smetterà di fare il parroco?" si chiede un altro. Ma la gente è con il Pontefice, come testimoniano le 90mila persone presenti ogni domenica in piazza San Pietro
“Era ora”. E’ un giovane vescovo italiano a tirare un respiro di sollievo e a provare non poca soddisfazione per le affermazioni di Papa Francesco sulla “lobby gay” presente in Vaticano. “Sembra brutto dirlo oggi, ma in Segreteria di Stato, sotto il pontificato di Benedetto XVI, sono stati presi a lavorare sacerdoti omosessuali. Dalla Curia romana, come è prassi, avevano chiesto informazioni ai loro vescovi che avevano provato le loro affermazioni in modo inequivocabile”. E poi? “E poi, niente. Avevano amici potenti in Segreteria di Stato e le parole dei loro vescovi non hanno avuto nessun valore. Conosco almeno tre casi in cui ciò è avvenuto”.
Un’accusa grave e non isolata che arriva tre mesi dopo la fine del pontificato di Benedetto XVI e l’elezione di Papa Francesco. Fuori dalle mura vaticane, nelle gerarchie ecclesiastiche italiane e non solo si respira aria di sollievo per questo ennesimo tabù rotto da Bergoglio. “La ‘lobby gay’ – sussurra un anziano porporato – da oggi non è solo un capitolo della vicenda Vatileaks. Francesco ha sdoganato la discussione ammettendone l’esistenza. Ha rotto un muro”. C’è anche, però, chi nei sacri palazzi ancora la nega. “Non si tratta di una vera e propria ‘lobby’. La ‘lobby‘ deve condizionare le decisioni di chi comanda. Qui è diverso: ci sono dei gay che criticano altri gay. Tutto qui. Nessuno di loro condiziona i poteri vaticani, ovvero il Papa e il Segretario di Stato”. Una teoria che però non trova grande consensi tra le logge del Palazzo Apostolico vaticano, l’edificio nel quale Francesco non ha voluto abitare.
“Per chi si occupa della vita della Santa Sede – si sussurra tra le sacre stanze – la presenza di omosessuali in Vaticano, purtroppo, non è una notizia. Molto spesso sono preti, ma non mancano anche vescovi e la loro identità, per chi lavora dentro le mura, non è certo un mistero. E’ davvero una “lobby” capace di influenzare le nomine e di chiudersi a riccio appena esplode una vicenda come quella dei Vatileaks. Forse è la ‘lobby’ più potente in Vaticano. Capace persino di far dimettere un Papa”. Non mancano nemmeno voci critiche, anche molto aspre, verso Francesco e sembra quasi di risentire i “lupi” di Ratzinger che hanno funestato il suo breve pontificato.
“Quando la smetterà di fare il parroco e deciderà di fare finalmente il Papa?”. “Dice sempre le stesse cose: in novanta giorni ha ripetuto gli slogan che a Buenos Aires ormai conoscono a memoria”. “Non si fa il Papa citando le massime della nonna piemontese”. “La sua è semplice ostentazione della povertà”. “Non si rende conto che non andando ad abitare nel Palazzo Apostolico crea una marea di disguidi ai dipendenti vaticani e a visitatori”. “E’ un Papa demagogico”. “Ratzinger era un professore. Bergoglio è un contadino”. Quasi gli slogan di una campagna diffamatoria che fa intravedere, dentro le sacre mura, la fine della luna di miele di Papa Francesco. Ma fuori, in piazza San Pietro, i fedeli presenti alle udienze generali del mercoledì e agli Angelus domenicali sfiorano quasi sempre la cifra record di 90mila presenti.
E più si intensificano le condanne alla dittatura del denaro e ai peccati della Chiesa e più i fedeli aumentano. “Per fortuna – commenta un cardinale al suo secondo conclave – nell’udienza privata in cui ha affermato l’esistenza della ‘lobby gay’, il Papa ha parlato bene dei quattro cardinali che ha citato. Si immagini se avesse criticato uno di noi…”. Francesco, infatti, si è soffermato su alcuni membri della commissione cardinalizia da lui creata per riformare la Curia romana e consigliarlo nel governo della Chiesa. “Lì – ha spiegato il Papa – abbiamo Oscar Rodriguez Maradiaga, che è latinoamericano, c’è anche Francisco Javier Errazuriz, e sono molto ordinati. Anche quello di Monaco di Baviera Reinhard Marx è molto ordinato: loro sapranno portare avanti la riforma curiale”. E il quarto cardinale citato dal Papa è il brasiliano João Braz de Aviz, prefetto del dicastero vaticano che si occupa dei religiosi. “Approfittate – ha detto Francesco – di questo momento che si vive nella Congregazione per la vita consacrata… è un momento di sole… il prefetto è buono”.
@FrancescoGrana