Arriva l’estate e qualcuno si ricorda dei carcerati.
Ci sono circa 66 mila cittadini detenuti in uno spazio nel quale sarebbero stretti in 44 mila.
Secondo le normative comunitarie un detenuto dovrebbe avere a disposizione 7 metri quadrati in una cella singola. Secondo le normative comunitarie un maiale dovrebbe averne almeno 6.
In molte celle i detenuti non possono scendere tutti contemporaneamente dai letti (a castello, 4 uno sull’altro) perché non c’è spazio sufficiente per stare tutti contemporaneamente in piedi.
Naturale conseguenza dell’esposizione di questi numeri è: se stanno in galera.. evidentemente se lo meritano.. anzi, dovrebbero metterne dentro molti di più.. perciò.. costruiamo nuove carceri!
Ma chi sono questi cattivi che stanno in carcere?
35 detenuti su 100 sono stranieri. In paesi nei quali si conosce una forte immigrazione già da molto prima che da noi le percentuali sono incredibilmente più basse. Dunque: o in Italia è in atto una manovra repressiva nei confronti degli stranieri, o siamo sfortunati perché da noi vengono solo quelli brutti e cattivi.
Tra il 25 e il 30 si tratta di tossicodipendenti. Cosa vuol dire mettere un tossicodipendente in galera? Significa che se ha del denaro continuerà ad acquistare le sostanze di cui sente di aver bisogno. Se non ha denaro.. cerca di procurarselo. In alternativa elemosina psicofarmaci (che nei nostri carceri entrano a tonnellate, visto che la finalità di questa istituzione sembra essere il rincoglionimento). Oppure infila la testa in un sacchetto di plastica e sniffa dalla bomboletta del gas spaccandosi i polmoni.
Chi frequenta le nostre galere sa che il problema non è semplicemente il sovrannumero.
I detenuti ci dicono “chiudeteci in un metro quadrato, ma non per 22 ore al giorno”. Vorrebbero lavorare e non solo per denaro (normalmente la paga è poco più di 3 euro l’ora). Forse è anche per questo motivo che il 33 percento compie atti di autolesionismo e il 12 percento tenta il suicidio.
Dal 2007 al 2011 il numero dei detenuti è cresciuto di circa il 50 per cento, anche se il bilancio per l’amministrazione penitenziaria è stato tagliato del 10 percento. Ma guardiamo i dati scorporandoli. I costi per il personale sono calati di circa il 5 per cento, quelli per gli investimenti (servizi e beni) di oltre il 30 per cento, mentre le spese per il mantenimento, l’assistenza e la rieducazione dei detenuti sono stati tagliati di oltre il 30 per cento.
I dati che ci servono per vedere un po’ attraverso le mura dei penitenziari italiani sono molti, ma io ne aggiungo solo altri tre.
Il 60 per cento dei detenuti che ha almeno una condanna definitiva ha un residuo di pena inferiore ai tre anni. La maggior parte di loro ha commesso piccoli reati. Infatti i reati maggiormente diffusi sono quelli contro il patrimonio e quelli previsti dal Testo Unico sugli stupefacenti.
Il 40 per cento è in custodia cautelare (in paesi come Francia, Germania e Spagna le percentuali sono tra il 15 e il 20 percento) cioè sconta una pena senza aver ricevuto una condanna.
Non è solo il caldo estivo che trasforma un’istituzione becera come la galera in una disumana tortura (di tortura parla la Corte europea che ci condanna e anche il presidente Napolitano che non è mai sembrato un estremista o un provocatore), è l’istituzione stessa che deve essere profondamente trasformata.
Il primo passo da fare è quello di cercare di portare
un po’ di legalità in questi luoghi umanizzando le leggi del nostro paese. Un insieme di associazioni ha proposto
tre leggi di iniziativa popolare attraverso il sito
www.3leggi.it.
Si chiede di introdurre il reato di tortura nel codice penale.
Si chiede di modificare la legge sulle droghe depenalizzando il consumo, diversificando tra droghe leggere e pesanti, diminuendo le pene e restituendo centralità ai servizi di sostegno.
Si chiede il rispetto dei diritti dei cittadini detenuti introducendo la figura del garante nazionale, abrogando il reato di clandestinità e introducendo il ‘numero chiuso’, cioè il divieto di chiudere nelle nostre galere più esseri umani di quanti ce ne possono umanamente entrare.
Immagino che in merito a quest’ultima proposta qualcuno può non essere d’accordo, ma se smettessimo di sbattere dentro tossicodipendenti e stranieri che commettono reati ridicoli, se incominciassimo ad utilizzare misure alternative alla detenzione come negli altri paesi.. non avremmo bisogno nemmeno del numero chiuso. Le carceri diventerebbero, come è previsto dall’art. 27, un luogo dove la pena deve “tendere alla rieducazione”. E forse incominceremmo a pensare anche ad un alternativa a questa vecchia istituzione.