Il numero uno del Lingotto spiega che il progetto per la produzione in Italia "porterà in 3-4 anni al pieno impiego dei lavoratori". E chiede un "piano Marshall per il Paese", consigliando al governo di scegliere "cinque cose importanti da fare ora"
“Se fosse rimasta la Fiat di una volta avremmo già portato i libri in tribunale da un pezzo”. Parola di Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo torinese, che intervenendo all’assemblea degli industriali fiorentini ha sottolineato come dal 2004 a oggi l’azienda ha fatto scelte “per diventare più forte e ha superato un isolamento che l’avrebbe danneggiata”. Il numero uno del Lingotto ha poi precisato che il progetto di Fiat per la produzione in Italia “porterà in 3-4 anni al pieno impiego dei lavoratori”.
“Fiat non è più quella del 2004, ma è considerata ancora una azienda italiana che si porta dietro tutti i pregiudizi, come quelli sulla qualità dei prodotti e quello di vivere alle spalle dello Stato con aiuti pubblici“, ha precisato, sottolineando che “abbiamo creato lavoro e benessere e continuiamo a investire e credere nell’Italia”. Marchionne ha colto l’occasione per ribadire che “non chiuderemo nessuno stabilimento in Italia” e che “occorre dare lavoro alla gente per dare opportunità a questo Paese”.
L’amministratore delegato di Fiat ha avvertito infine che “dobbiamo scommettere sul futuro dell’Italia”, dichiarando che “serve uno scatto di orgoglio, uno sforzo collettivo, una specie di patto sociale, chiamatelo piano Marshall per l’Italia o come volete. Un piano di coesione nazionale per la ripresa economica”. Quello che posso dire al governo, ha concluso, è: “Scegliete le cinque cose più importanti, quelle che possono veramente influire sulla vita delle persone; cinque cose che si possono fare e si possono fare ora. Datevi novanta giorni di tempo per realizzarle e poi passate alle cinque successive”.