Ha dell’incredibile la storia che rimbalza da Marsala dove il Comune ha dapprima deliberato di querelare l’editore ed il direttore responsabile di un giornale online – marsala.it – e poi ha preferito trascinarli davanti ad un giudice civile per sentirli condannare a 50 mila euro di risarcimento per aver leso l’immagine del Sindaco e del Comune.
La responsabilità dell’editore e del direttore responsabile discenderebbe non dall’aver pubblicato un articolo contenente alcune espressioni non veritiere e diffamatorie ma dall’aver adottato, sin dal giorno dell’insediamento del Sindaco – l’On. Giulia Amato ex forzaitaliota, ex pdellina ed ora rappresentante dell’Unione di centro – “una linea editoriale di critica ed avversione…evocativa di ombre di chissà quali indicibili malaffari che si allungano sull’ente territoriale”.
Scorrere la delibera con la quale la Giunta Comunale di Marsala, all’unanimità, ha autorizzato il sindaco ad impiegare soldi pubblici per la presentazione di una querela contro il quotidiano locale online – poi divenuta inspiegabilmente un’azione risarcitoria a tanti zeri – è un’esperienza che lascia senza parole.
“La continua pubblicazione – si legge, tra l’altro, nella delibera – di giudizi, critiche, accuse, disapprovazione che accompagnano le notizie sull’attività amministrativa di questa P.A., possono contenere ed integrare gli estremi della diffamazione, salvo ulteriori ipotesi di reati di analoga o diversa gravità”.
Ma non è tutto.
“La notizia – si legge ancora nel provvedimento – spesso poco approfondita, superficiale ed errata nei contenuti non assolve al corretto esercizio del diritto di cronaca – utile anche per l’amministrazione – ma costituisce lo strumento per consentire attacchi ingiustificati e capziosi nei confronti dell’amministrazione medesima ingenerando nella cittadinanza confusione e perplessità, fomentando ed incitando così alla rabbia nonché alla disapprovazione sull’operato della Pubblica Amministrazione”.
Come se parlar male dell’amministrazione comunale e del sindaco fosse vietato o, peggio ancora, lesa Maestà.
Giudizi, critiche, accuse, disapprovazione “possono” – secondo i membri della giunta comunale di Marsala – integrare gli estremi della diffamazione e nel dubbio val la pena querelare un giornale locale online per la sua linea editoriale troppo “ostile” all’amministrazione o – come poi accaduto – trascinarlo in giudizio, minacciando, di determinarne il fallimento con una richiesta risarcitoria a tanti zeri.
Un principio semplicemente assurdo, incivile, democraticamente inaccettabile che diviene addirittura oltraggioso della libertà di manifestazione del pensiero e, quindi, di uno dei valori fondamentali che anche l’amministrazione di Marsala avrebbe, al contrario, l’obbligo di contribuire a far affermare, se solo si leggono gli articoli indicati, nell’atto di citazione, quali esempi della linea editoriale “ostile” tenuta da Marsala.it.
Si tratta – a quanto riferisce il direttore del quotidiano online – di inchieste giornalistiche relative, tra l’altro, a presunti falsi in atti pubblici alla base di progetti importanti come quello del porto della città o in storie di appalti e forniture poco chiare nelle quali sarebbero state coinvolte società riconducibili allo stesso Sindaco dell’amministrazione che, oggi, con i soldi dei cittadini, vorrebbe imbavagliare un giornale i cui giornalisti – peraltro operando in un territorio, probabilmente, più difficile di altri – sembrano aver l’unico torto di aver fatto il loro dovere, indagando e raccontando fatti e misfatti destinati, altrimenti, a rimanere nascosti ed inaccessibili ai più.
Saranno naturalmente i giudici, nei mesi che verranno a stabilire chi ha torto e chi ha ragione davanti alla legge ma frattanto è urgente ripensare radicalmente le regole che governano il sistema dell’informazione.
Un Paese democratico non può permettersi il lusso di lasciare che un’amministrazione comunale, per di più con i soldi dei cittadini, possa minacciare di far fallire chi fa informazione solo perché racconta delle scomode verità, restando impunita e senza correre neppure il rischio di subire una condanna esemplare qualora il giudice accerti che con l’azione non si voleva difendere l’immagine del Comune ma, invece, imbavagliare dei giornalisti.
E’ ora che governo e Parlamento scelgano da che parte stare dando o negando al Paese una nuova disciplina dell’informazione che, finalmente, promuova la libertà di manifestazione del pensiero e protegga chi la esercita nell’interesse comune.