Ieri sera al cinema Farnese di Roma si è tenuto l’incontro “Sorelle di cinema” voluto da tre cine-critiche/operatrici culturali (Paola Casella, Cristiana Paternò e Angela Prudenzi) che ha coinvolto signore & signorine del mondo cinematografico italiano. Diversissime in età, provenienza e sensibilità artistica ma sorelle in suggestioni aperte a domande più che a risposte. Specie a una questione “principe”: perché ci sono ancora così poche cineaste a confronto della maggioranza dei colleghi uomini? E questo su scala mondiale, non solo italiana.
Sul palco sei generazioni di registe a raccontarsi e confrontarsi: Liliana Cavani, Cristina Comencini, Marina Spada, Roberta Torre, Costanza Quatriglio e Laura Bispuri. In platea altre protagoniste della regia, sceneggiatura, produzione, recitazione, critica e giornalismo unite alla gente comune, inclusi parecchi uomini. È la decana Cavani a fornire i dati, “Agli ultimi EFA (European Film Awards, ndr) su 136 film selezionati solo una decina erano firmati da donne”. Per lei – educata da un nonno ateo di sinistra – e abituata a considerarsi prima “una persona” che non “una donna” la situazione è disarmante. “Ho imparato dalla vita che nulla cambia se non si compiono gesti clamorosi. E oggi la vera battaglia è politica. Non si tratta di parlare di ‘quote rosa’, qui si tratta di un vero 50 + 50: le donne dovrebbero smettere di votare finché il Parlamento non è rappresentato a metà da ambo i sessi. Se non facciamo così, care sorelle, non possiamo dirci emancipate, continuando a perdere tempo e talenti. Le donne della Resistenza che intervistai nel ’63 ambivano a una vera palingenesi, un cambiamento radicale dalla base. E noi ci accontentiamo delle quote rosa?!”
L’ovazione è tutta per questa magnifica artista, 80 anni invisibili dentro a una vivacità da 30enne. Il suo ragionamento esprime l’equilibrio perfetto di chi parlando per esperienza vissuta riesce a leggere il presente, dove la “guerra dei generi” di sapore femminista (“senza comunque la quale non saremmo qui a parlare” ribadisce Cristina Comencini a cui fa eco Marina Spada, entrambe ex militanti) lascia spazio alla parità secca, senza se e senza ma. Non si tratta insomma di mettersi contro gli uomini, ma semplicemente di mettersi alla pari. Quel “fifty fifty” che la stessa Cavani annuncia in inglese forse per farci capire che è una cosa seria, “mica all’italiana”.
Perché allora il cinema più delle altre arti sembra così inaccessibile alle donne? Non hanno forse carisma a sufficienza per “dirigere” un gruppo di persone? Falso, ovviamente. “Bisogna trovare il proprio modo di dirigere e farsi ascoltare e rispettare per poter creare. Ma prima di tutto dobbiamo essere noi a credere in noi stesse”, ricorda la Comencini. “Questo anche in termini di meritocrazia economica” sottolinea Roberta Torre. “Smettiamola di pensare al cinema delle donne come ontologicamente intimista” avverte Costanza Quatriglio. “il problema è che con la penuria di budget a disposizione – specie per noi registe donne – siamo e saremo sempre costrette a un cinema di povere inquadrature, andando inesorabilmente a compromettere la ricchezza narrativa delle nostre opere”.
E pensare che “la cultura è femmina”, avverte Marina Spada rammentando che il pubblico cinematografico come teatrale e di lettori è essenzialmente composto da donne. È meraviglioso vedere interagire il sestetto di cineaste, osservate dallo sguardo in platea dell’altra grande decana dell’ital-cine: Lina Wertmüller. A lei basta una frase a siglare la fine del dibattito: “La colpa è nostra. Diamoci da fare”. L’86enne regista romana che di recente ha visto scomparire la sua musa Mariangela Melato sta per realizzare un film su Elvira Notari, la prima regista e produttrice italiana e anche – ad oggi – la più prolifica. Salernitana del 1875, realizzò una sessantina di lungometraggi e innumerevoli tra corti e documentari. Morì nel 1946. Della sua immensa produzione, la serata di ieri al Farnese ha scelto di mostrare la rarissima copia di ‘A Santanotte’, del 1922, mirabilmente musicato dal vivo (Rocco De Rosa al pianoforte) recitato da Letizia Letza e Pino Calabrese.
Un testamento importante come, siamo certi, l’omaggio che “sorella Lina” saprà dedicarle. Per il successo ottenuto e i temi messi in campo, l’iniziativa Sorelle di cinema non si chiude qui. Come si suol dire.. to be continued.