“La Berco siamo noi”. È la scritta sulle bandiere che campeggiano ormai in ogni negozio, a ogni balcone, sopra ogni porta di Copparo (Ferrara). “La Berco”, come la chiamano i suoi operai, oggi sono settemila persone. Settemila persone – la più grande manifestazione sindacale della storia della provincia estense -, arrivate nel paese ferrarese da tutta la regione e non solo, che hanno sfilato in corteo contro il piano di 611 esuberi deciso dalla Thyssenkrupp. Copparo, dove la Berco è nata ormai un secolo fa, dove la Berco è diventata la più grande fabbrica metalmeccanica dell’Emilia Romagna, dove la Berco è il simbolo del paese, un monumento del lavoro.

Per difendere quel simbolo Cgil, Cisl e Uil hanno scelto il piazzale di quello stabilimento come punto della manifestazione indetta in occasione dello sciopero generale. Quel piazzale si chiama, oggi amara ironia, Primo Maggio. Pochi giorni fa l’ad Lucia Morselli, chiamata dalla Thyssen a tagliare di tutto e di più, ha comunicato la disdetta unilaterale del contratto collettivo aziendale. Chi rimarrà anche dopo la cura dimagrante imposta dalla lady di ferro, si vedrà in ogni caso decurtato lo stipendio di 200/300 euro mensili. Alla scura dell’ad non sono sfuggiti nemmeno i colletti bianchi. Una decina almeno è già pronta a fare le valigie. Nulla al confronto con gli oltre 400 operai chiamati modernamente “esuberi”.

E sebbene dal Mise arrivi una nota da cui trapela un cauto ottimismo per la riapertura della trattativa, nemmeno i più avventati ottimisti credono che la manager panzer sia disposta ad arretrare di un solo passo. Ma oggi “la Berco siamo noi” gridano gli striscioni e, aggiungono i manifestanti, “la Morselli dovrà fare i conti con tutti quelli che sono qui a manifestare”. E il colpo d’occhio offerto dalla bandiere che sventolano da piazzale Primo Maggio fino a Piazza del Popolo è davvero impressionante. E stringe il cuore sentire dal palco il primo degli interventi. Affidato a un giovane operaio Berco, Luca Poletti. Nessun altro può parlare meglio di lui, che ha lavorato fianco a fianco con chi in questi giorni, dopo aver perso il lavoro, ha deciso di suicidarsi, come Dario Rimondi, il cui corpo è stato ripescato due giorni prima dal Po. “Ai miei colleghi dello stabilimento Berco di Copparo rivolgo l’invito a non scoraggiarsi, a non mollare e soprattutto a stare uniti anche se abbiamo differenti idee. Vedo oggi qui le delegazioni dei nostri amici e colleghi degli stabilimenti di Busano, Castelfranco ed Imola a cui va tutta la nostra solidarietà poiché la nostra lotta non si ferma al nostro particolarismo, siamo lavoratori noi come lo sono gli amici di Busano, Castelfranco e Imola. In questa lotta siamo una cosa sola. Mi rivolgo alla classe politica– continua il giovane lavoratore di Berco- affinché la smetta di battibeccare su questioni inutili o non urgenti come le riforme costituzionali o il presidenzialismo, oggi c’è una sola emergenza che si chiama lavoro”.

Tocca quindi al segretario provinciale della Fiom Mario Nardini ricordare che “oggi è una giornata storica, una di quelle che rimarranno sempre nella memoria; penso che mai si sia vista una manifestazione di questa portata nella nostra provincia”. “Il dramma del lavoro in tutta la Regione – interviene Vincenzo Colla, segretario generale della Cgil regionale – ormai non risparmia alcun settore, certo la metalmeccanica e l’edilizia ne pagano le conseguenze molto più di altri. Berco è il simbolo dell’Emilia Romagna che traballa”.

E da Roma arrivano le parole di Gianni Venturi, coordinatore nazionale siderurgia della Fiom: “la piazza di oggi ha mandato all’amministratore delegato della Berco, Lucia Morselli, un messaggio chiaro e univoco: ritirare la procedura di mobilità e i prospettati 611 licenziamenti, ripristinare l’integrità del salario dei lavoratori del gruppo, aprire un negoziato con disponibilità reali. Ciò per ridare certezza occupazionale e produttiva ad una realtà che è strategica non solo per Copparo e per il distretto ferrarese, ma per l’insieme dell’industria metalmeccanica del nostro Paese”.

 

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